Rumori di auto e clacson, semafori rossi, passanti impazziti, caos e musiche natalizie: Roma 8 dicembre. Lasciamo la città subito dopo pranzo; anche noi veloci sull’autostrada; fuori dal centro cittadino, in viaggio verso il centro d’Italia.
Di centro si parla tanto: in politica, nello sport, in filosofia. Avete mai sentito dire la verità sta al centro? Nulla di più semplice, vai a capire, però, quale sarà mai questo centro, quale il metro per raggiungere la verità, ossia il centro.
Pensa: gli opposti che si pacificano, la metà di un campo di calcio, l’ultimo cerchio della vittoria al tiro con l’arco, il cuoricino del bijou, il punto d’equilibrio tra ciò che si è e ciò che si vorrebbe essere. Allora voglio proprio raggiungerlo questo centro. No! non mi fermeranno, soprattutto quelli che dicono che non sono equilibrato, chi pensa che sono troppo di sinistra e chi mi vorrebbe un po’a alignright. So dove trovarlo, percorrendo la Salaria e “tirando” verso nord.
A pochi km dall’Urbe, qualunque arteria stradale imbocchi sembra schiudere un mondo. Sulle colline della Sabina, dove stiamo guidando, l’autunno quasi resiste all’inverno. Te ne accorgi dai colori smorti, dallo scambio continuo dei gialli e dei verdi, da quella foschia tipica che avvolge i paesini adagiati sulla collina, conferendo un volto malinconico e carico, come una ballata rock, come una voce stridula su accordi acustici.
Sulla strada si può tagliare benissimo verso Passo Corese. Guidando sulla Via Farense si raggiunge Farfa, un piccolo borgo con una grande storia, composto da un’abbazia e da un villaggio con poche casette allineate sulla via principale. Il monastero è uno dei monumenti più insigni dell’età medioevale, fondato da San Lorenzo Siro, attorno alla metà del secolo VI, sulle rovine di un’antica villa patrizia del II secolo.
Al visitatore, Farfa sembra un bel teatro da posa, un posticino uscito dalla storia e riprodotto fedelmente nel XXI secolo. Le casette sono tardo medioevali, con le finestrelle piccolette. Nelle viuzze strette e illuminate a festa, si alternano botteghe di antiquariato, di sartoria, alberghetti per i pellegrini, una pasticceria, un bar e la famosa erboristeria dei monaci, che ricorda l’antica farmacia nota a Farfa perchè offriva gratuitamente i farmaci a chi non poteva comprarli. La chiesa medioevale è divisa da tre pilastri corrispondenti alle tre navate interne, con magnifici fregi e frammenti di antichi sarcofaghi romani, incastonati tra le pietre. All’interno, l’arte medioevale lascia il posto a calde atmosfere rinascimentali. Di particolare interesse sono il “giudizio universale” di Henrik Van del Broek (1561), l’antico altare (secolo IX), gli affreschi del Gentileschi sulle cappellette della navata di sinistra e l’icona della Madonna di Farfa, incorniciata nell’Ottocento da una lamina di ottone, in modo da lasciare in evidenza solo i volti. Da visitare anche il museo storico e la biblioteca, anticamente tra le più ricche ed importanti d’Europa. Oggi vanta circa 45.000 volumi, tra cui uno dei primi libri stampati in Italia, il “ Civitate Dei” di Sant’Agostino, che venne realizzato nel 1467 da Arnold Pennartz.
Ora non resta altro che una passeggiata nel borghetto, magari assaporando le ciambelle fritte tipiche del luogo, oppure soffermarsi ad ammirare l’arte dei maestri artigiani.
Intanto si fa sempre più sera, il freddo comincia a punzecchiare, dobbiamo rimetterci in marcia e lo facciamo portandoci addosso una strana sensazione: siamo venuti qui come turisti e lasciamo il sito carichi di spiritualità, come se le due figure quella del pellegrino e del visitatore si fondessero, sfumando i loro confini. Anche questo è un po’ un centro, ma non è ancora quello che cerchiamo. Si procede, sempre sulla Salaria e sempre puntando al centro, seguiteci.
Diego Pirozzolo
Foto di Diego Pirozzolo