Barletta, splendida città pugliese, dopo la mostra “De Nittis e Tissot. Pittori della vita moderna”, che ha fatto registrare una presenza di oltre 40.000 visitatori, ospita fino al 15 luglio 2007 una grande mostra sull’Ottocento “Zandomeneghi De Nittis Renoir. I Pittori della Felicità” la cui apertura, il 31 marzo 2007, ha coinciso con l’inaugurazione della Pinacoteca Giuseppe De Nittis, nella sede di Palazzo della Marra.
La splendida struttura barocca, restaurata e riallestita per ospitare stabilmente la collezione De Nittis di Barletta, diventa un contenitore d’arte di livello internazionale, dove all’esposizione museale permanente si abbina una sede espositiva per eventi temporanei ed un luogo di riferimento per gli studi e la ricerca sull’arte dell’ Ottocento.
Il contesto ha un fascino innegabile e l’affaccio sul mare, il caffè letterario, il bookshop, elevano la Pinacoteca Giuseppe De Nittis di Barletta ai più alti livelli europei di fruibilità dell’arte.
La mostra, a cura di Tulliola Sparagni ed Emanuela Angiuli, si compone di circa ottanta opere tra dipinti, disegni, pastelli e grafiche di Zandomeneghi, De Nittis e Renoir.
I tre maestri, protagonisti della scena artistica parigina, ognuno con una propria cifra stilistica e in particolari periodi di attività, rivelano, nei rapporti che la mostra mette in risalto, legami di amicizia, di sensibilità impressionistiche, di vicinanze, di contraddizioni, che segnano l’originalità stessa dell’esposizione e degli studi che ne scaturiscono. Mentre De Nittis, infatti, percorre, negli anni ’70 e nei primi anni ’80 dell’Ottocento, una strada già intrapresa con forte originalità, fuori dagli schemi classificatori del tempo, Zandomeneneghi e Renoir vivono un rapporto che diventa sempre più confinante sia in termini stilistici che nei contenuti delle rappresentazioni del mondo borghese cui si ispirano.
Nella mostra di Barletta, si possono ammirare opere eccezionali di Zandomeneghi come Luna di miele (A pesca sulla Senna) (1878 c.) proveniente da Palazzo Pitti, Le Moulin de la Galette dalla Fondazione Enrico Piceni, Al Caffè (1884) dalla collezione Mondadori di Palazzo Te a Mantova; e capolavori di Renoir quali Le Chapeau épinglé (Il Cappello appuntato) (1894) della Fondazione E.G. Bührle di Zurigo, Paysage de Cagnes (Paesaggio di Cagnes) (1905-8) dalla Fondazione Magnani Rocca, il bellissimo Nu allongé (Baigneuse)/Nudo disteso (Bagnante) (1902) dalla Galleria Beyeler di Basilea, e molte altre ancora, tra dipinti, pastelli e incisioni, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private. Accanto a queste alcune opere esemplari di Giuseppe De Nittis, dall’omonima pinacoteca, come Paesaggio, Primavera, Veli e sete.
Nonostante le recenti mostre di Milano, Roma e Castiglioncello dedicate a Zandomeneghi, che hanno illuminato la fitta trama di rapporti dell’artista con gli amici dell’ambiente toscano macchiaiolo e con gli impressionisti, l’opera dell’artista presenta vaste zone di ombra e resta in fondo ancora una figura in bilico tra i richiami alla cultura e alla tradizione italiana e le novità stilistiche introdotte dall’impressionismo.
Ultimo dei tre italiens de Paris a raggiungere la capitale francese, dove arriva nel giugno del 1874, Federico Zandomeneghi, come Boldini e De Nittis, vi trova gli stimoli creativi per elaborare uno stile personale, in cui si fondono echi italiani e suggestioni francesi. Zandò è sicuramente l’artista italiano che ha avuto rapporti più profondi, duraturi e collaborativi con il gruppo impressionista, partecipa alle collettive del gruppo e stringe amicizia con Degas, Pissarro e Guillaumin, ma nello stesso tempo, come i suoi connazionali, mira ad imporre un proprio stile personale non completamente adagiato sugli stilemi della scuola impressionista.
Il reale confronto tra Zandomenghi e Renoir non avviene così quando l’artista veneziano aderisce al gruppo dei dessinateurs, capeggiati da Degas in contrapposizione ai coloristes quali Monet, Renoir, Pissarro. È invece soprattutto dopo il 1894, dopo il contratto stretto con il mercante Durand-Ruel, che l’artista italiano viene a confrontarsi con le opere dei due artisti di punta della galleria, Degas e Renoir, presentandosi persino come un loro surrogato, un sostituto, un equivalente, utilizzato da Durand-Ruel per accontentare il mercato, in particolare americano.
In questo periodo i due pittori hanno atelier vicini, sicché l’incrocio artistico si fa in molti casi serrato. Ad esempio nei languidi nudi o nello sguardo attento e amoroso nei confronti della donna, delle sue movenze e dei suoi momenti di vita intima e quotidiana. Negli anni tardi della loro produzione (Zandomeneghi muore nel 1917, Renoir nel ’22) entrambi sviluppano un interesse spiccato, inconsueto tra gli impressionisti, per la pittura di fiori e la natura morta, in particolare i pesci.
Allo sfarzo di gemme della pittura sensuale e morbida di Renoir, in particolare durante il periodo nacré , risponde Zandomeneghi con la sua sontuosa tavolozza, ora caratterizzata da toni gravi, ora squillante e festosa negli oli e nei pastelli. «Guardando, ascoltando e discutendo, mi trasformai e come per tutti gli altri da Pissarro a Degas da Manet a Renoir la mia vita artistica fu una successione di infinite evoluzioni. Quanto alla tecnica – parola molto vaga – quella da me adottata è mia, tutta mia e non la presi in prestito da nessuno», puntualizza Zandomeneghi, artista ombroso ed orgoglioso, sempre pronto a sottolineare la sua indipendenza di spirito.
Per meglio indagare il rapporto artistico De Nittis – Zandomeneghi – Renoir, il percorso della mostra si snoda in argomenti pittorici che rivelano le ricche suggestioni di una stagione che cambia l’ideologia sottesa alla visione culturale del mondo, della società, del vero. Si entra così nella prima sezione À la campagne, in cui sfilano i paesaggi della mediterraneità dei tre artisti: Primavera (1883) di De Nittis assieme alle vedute fitte di vegetazione dai colori sfavillanti di Renoir e soleggiate di Zandò. Il paesaggio della campagna si anima successivamente di figure giovani, dalle bambine di Renoir che giocano infilando fiori nei cappelli, Le Chapeau épinglé (Il Cappello appuntato) (1894), alla Femme tenant un bouquet (Donna con bouquet) e ai Idylle (I fidanzati) di Zandomeneghi.
Nella sezione Sulle strade fiorite, periferie, parchi, giardini rivelano ormai una Parigi felice, fiorita e floreale, come in una perenne primavera che più che una stagione è un tempo dell’anima. La stessa intima felicità del creare si esplicita nell’Elogio del quotidiano rappresentato dalle nature morte, come in Chou-fleur (Cavolo) (1917) di Zandomeneghi e Pesci (1917) di Renoir.
“Il fiore dell’epidermide, il velluto della carne” è il successivo argomento dedicato al Nudo. Torna qui De Nittis con la perlacea e tenerissima Ondina a fronte delle carni morbide e luminose di Zandomeneghi, più vicino a Degas con Le tub (La tinozza), e con Dopo il bagno a quel Renoir che Joris-Karl Huysmans definisce “il vero pittore delle giovani donne, di cui sa rendere, in quella allegria di sole, il fiore dell’epidermide, il velluto della carne”. Esemplare il Nu allongé (Baigneuse)/Nudo disteso (Bagnante) (1902). Fra tanti trionfi di momenti en plen air di cui si nutrì la pittura dagli impressionisti in poi, regalandoci la vivezza della vita vissuta in un mondo luminescente di figure dai movimenti leggeri, quasi danzanti nell’aria, i nudi di Renoir parlano di bellezze trionfanti nel turgore rosato dei seni, dei fianchi, delle gambe. Quelli di Zandò stanno nella delicatezza delle nudità svelate nel segreto delle stanze. E De Nittis, davanti alla modella entrata nello studio, nel 1876 scriveva nel suo Taccuino: “Senza alcuna incertezza prese la posizione eretta, come avrebbe fatto una del mestiere, poi il burnous scivolò; levò lentamente le braccia, con un gesto d’un ritmo perfetto, congiunse le mani sul capo e inarcò i fianchi: i seni si protessero sul petto ampio. Rimasi abbagliato”.
L’ultima sezione della mostra parla di Parigi, il giorno le notti, con opere dei tre grandi artisti. Si incontrano qui le ore del giorno riprese nei gesti spontanei di Femme qui s’étire (Il risveglio), Femme accoudée sur un fauteuil (Malinconia), Bavardage (Chiacchierando) di Zandomeneghi, il denittisiano Veli e sete (1890) assieme ad incisioni dello stesso De Nittis e Renoir. Le serate della metropoli francese trascorrono Al caffè (1884), al Moulin de La Galette, nei riti del tè e negli spettacoli della notte fra le giovanissime ballerine in tutù di Zandomeneghi. Le donne di Renoir e di Zandomeneghi e De Nittis si mostrano nella loro individualità di modelle e compagne (splendido il ritratto a pastello di Mathilde, una delle modelle preferite di Zandò) e nella loro tipologia umana e sociale (sempre di Zandò, La marchande de fleurs / La fioraia di Montmartre). Per essi il corpo femminile resta sempre al centro della visione della vita, sinonimo di fascino, di felicità, di suggestive promesse. Colto nella bellezza dell’abbigliamento come nella sua naturalità, nella domesticità o in sofisticate eleganze, esso rappresenta la quintessenza della pittura, paradigma cui i capolavori della mostra resteranno legati fino alle loro ultime opere.
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana, la mostra è promossa dal Comune di Barletta (Assessorato alla Cultura) e dalla Regione Puglia (Assessorato al Mediterraneo e Assessorato al Turismo, promotori della mostra, e Assessorato allo Studio, promotore del restauro del Palazzo).
La mostra è realizzata in collaborazione con la Provincia di Bari, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia), con le Soprintendenze BAP e PSAE di Bari e Foggia, e con l’Agenzia del demanio (Palazzo della Marra di proprietà dello Stato in concessione al Comune di Barletta) ed è realizzata con il fondamentale contributo di Svimervice e Lombardi Ecologia, insieme a Buzzi Unicem, Banca Carige, Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia.
La produzione e l’organizzazione dell’evento sono di Arthemisia.
Il catalogo della mostra è pubblicato da Skira.