Ha inaugurato a Trieste venerdì 6 settembre la mostra “Kounellis Treste” nella monumentale sede del Salone degli Incanti (Riva N. Sauro, 1 – Trieste – Fino al 6 gennaio 2014 – prorogata al 2 febbraio 2014).
Il luogo è particolarmente suggestivo e possiede in questo caso un ruolo da protagonista. Il nome della sede è equivoca: si gioca sul duplice senso di quell’“incanti”; in riferimento all’incanto del pesce prima, dedicato alle meraviglie dell’arte poi.
Più che di uno spazio espositivo si tratta di un tempio. La straordinaria altezza della sala e la verticalità della prospettiva lo fanno sembrare un buon luogo per incontrare una qualche forma di trascendenza. Questa meravigliosa sala venne inaugurata nel 2006 con la mostra Andy Warhol’s Timeboxes; a sette anni di distanza, quasi chiamato a fare da contraddittorio a quella visione pop,
viene organizzata l’installazione di Jannis Kounellis. Si respira così l’aria di quell’utopia beuysiana che tanto ha segnato gli esponenti dell’arte povera e l’ideatore di questa dicitura, Germano Celan.
Ci viene donata dai curatori della mostra Davide Sarchioni e Marco Lorenzetti una visione, seppur in trasparenza, di un caposcuola del secondo dopoguerra, Joseph Beuys, attraverso un’ imponente installazione di Kounellis.
Partendo da questa utopia che ha segnato l’Europa degli anni ‘70-’80, Kounellis sposa la filosofia di quegli artisti che si impegnarono ad identificare la propria persona con le proprie azioni rivendicando il rifiuto verso qualsiasi forma di ordine sistematico (Donà, 2007, Arte e filosofia, Milano, Bompiani, 376).
Con questo spirito Kounellis regala alla città di Trieste un’installazione dedicata a immagini della sua memoria. Molto giovane, in un viaggio con il padre (ingegnere navale), l’artista greco sbarcò nella città di Trieste ed ebbe modo di vivere la sala, dove oggi espone, nel pieno della sua vita. Le grida dei pescatori, la frenesia della vendita, il brulicare di un mercato in fermento, gli odori e la dolce durezza dei banchi in marmo devono essere rimasti impressi nella sua memoria in maniera netta.
Nella preparazione di quest’opera site specific il maestro ha rivissuto lo spazio vuoto e restaurato; in contemplazione, quasi a voler farsi suggerire dal luogo un modo per rincontrarsi. Riesumati i 20 banchi di marmo originali, recuperate nei porti vicini antiche imbarcazioni dismesse, l’opera monumentale ha cominciato a prendere forma. La colonna commemorativa che Kounellis propone in memoria dei pescatori rimasti in mare è fortemente suggestiva, indescrivibile. Sopra le barche smembrate e adagiate sui banchi di pietra, una cascata di massi carsici incolonnati da cime, come perle in un rosario, intensificano la sensazione sacrale dell’opera. Ciascuna di esse sembra voler raccontare una storia finita sul fondo del mare.
Ad ascoltare come il luogo interagisce con l’opera si percepisce un’eco mormorata dai visitatori tipica di ogni museo, ma osservando il tutto i suoni mutano e quel mormorio si trasforma in un soffocato ricordo di quelle urla che per un secolo hanno caratterizzato la pescheria.
Kounnelis aggiunge ai lati di questo tempio due gruppi di sedie, ciascuna coperta da un velo nero. Un invito ad accostarsi e a partecipare ad un rito funebre dai forti connotati evocativi.
Trieste offre insomma una grande occasione; la struttura del Salone degli Incanti permette anche di accedere al pulpito da cui si può godere di un’eccellente visione di questa straordinaria opera. In attesa che anche nel capoluogo giuliano ci sia la possibilità di incrociare quotidianamente protagonisti dell’arte contemporanea, ringraziamo il maestro, i curatori e il Comune di Trieste per la grande possibilità offerta alla città.
Enea Chersicola