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Cammino di Santiago di Compostela – Dodicesima tappa – Sosta a Santa Irene

di Vincenzo Continanza

Nel rifugio il mio letto è in mezzo al gruppo di Gallegos, i cinque che mi hanno preceduto. Sono due coppie e una quinta persona, suppongo parente o amica di vecchia data. Hanno percorso, in Galizia, tutti i cammini possibili, quello che scende dal nord, detto Camino Ingles, quello del Norte che viene dalla costa cantabrica, quello Primitivo che viene da Oviedo e passa per  Lugo, quello De la Plata che procede da sud ovest, da Sevilla, e quello Portugues.

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Appena entrati nel rifugio, lasciano i loro zaini e senza cambiarsi si rimettono in marcia per il ristorante, che si trova a un chilometro di distanza, in senso inverso a quello fatto finora. Io ho tutto il tempo e lo spazio per organizzarmi. Provo a uscire fuori per fare il bucato, approfittando del sereno, ma è la solita trappola. Appena esco il cielo si oscura e ricomincia a piovere. Contravvenendo alle regole e approfittando del fatto che sono quasi da solo, sciacquo le mie quattro cose in bagno, stando attento a non far traboccare acqua dal lavandino e a non lasciare tracce. Più che contravvenire alle regole, ne ho interpretato lo spirito, quello di non creare disagi per gli altri, di  non lasciare per terra un pantano. Attenersi alla lettera delle regole non è nel DNA di un italiano e io voglio mantenere qualche contatto, sia pur labile, con le mie radici culturali.
Inoltre, sarà pur vero che i veri uomini puzzano, ma io non ci sono abituato e sono disposto a rinunciare in parte a questa prerogativa virile a favore di una maggior vestibilità delle mie camicie. Questo mi costa una gran quantità di tempo spesa a rigirare panni bagnati sui radiatori elettrici, stando attento, questa volta, a non bruciare niente.

Il pomeriggio è lungo da passare e scorre lento. Ho tutto il tempo per riflettere sull’inutilità e l’insensatezza della mia fretta di arrivare e sull’ansia di trovare posto. Mi è bastato trovarmi nel fiume in piena dei pellegrini ormai prossimi all’arrivo per perdere la calma e l’equilibrio dei giorni precedenti. È scattato un riflesso condizionato. Vederne così tanti avanzare di gran carriera mi ha portato a sentirmi in dovere di tenere il loro passo, ed ho perso quel contatto con me stesso e con i miei passi, il mio ritmo, il mio respiro, che ero riuscito a mantenere nei giorni precedenti. La corsa di oggi, quell’arrivo troppo precoce, i chilometri di asfalto che hanno sostituito il sentiero fra gli alberi, mi hanno lasciato un senso di vuoto e di insoddisfazione. Do per persa questa giornata e mi riprometto, domani, di assaporare ogni pietra sulla quale poserò il piede.

Fra le cose che avrei potuto fare e non ho fatto, quante chiacchierate con gli altri  pellegrini! Quanti scatti per documentare il  passaggio di questa eco-carovana sospinta dalla sola forza muscolare! Quante cose avrei potuto osservare sui loro volti! Quanti incontri mancati! Dove sarà arrivata la signora irlandese ferma ai bordi del sentiero con un libro in mano, come se viaggiasse in treno? Aveva le ginocchia messe assai male e si prendeva la sua pausa. Mi ha prontamente illustrato il tema del romanzo che stava leggendo e mi ha poi salutato con grande cordialità. E dove saranno gli altri che, nel fiume di gambe e braccia e zaini e cappe per la pioggia, si voltavano a guardare il mio carretto, con l’aria di essere abbastanza interessati da questa mia soluzione anche se, a volte, un po’ perplessi?
“Ma non è più scomodo trascinarselo dietro a quel modo?” chiedevano. Seguivano le mie spiegazioni sul beneficio che ne ricavavano le articolazioni. Poi un sorriso, e via.

Per oggi è fatta, ma devo riflettere su questa mia ricorrente tentazione di cedere all’ansia e alla precipitazione, anche quando non c’è nessun reale motivo di preoccupazione, e a quanto  mi costi in termini di tempo bruciato anziché vissuto.
In fondo, cosa poteva succedere? Nella peggiore delle ipotesi, avrei dovuto dirottare verso qualche  rifugio privato, o verso qualche casa rurale, con la sola conseguenza di dover pagare di più e non poter allietare gli altri della camerata con la musica del mio russare. Della qual cosa molti mi sarebbero stati eternamente riconoscenti.

Il cammino è anche questo continuo riproporsi dei nostri vizi peggiori, quelli che ci seguono fedeli anche in capo al mondo, anche se proviamo a spogliarci di ogni nostra abitudine, lontani da tutto ciò che ci è consueto. Il cammino ci ricorda chi siamo, qual è il nostro modo di condurci, la nostra condotta, per l’appunto, qual è lo stile con cui ci affacciamo a ogni nuova giornata e salutiamo ogni  serata ormai trascorsa. Nel silenzio dei passi, il nostro cuore ci sussurra le cose che abbiamo dimenticato, presi dalla fretta e dalla paura, ci ricorda le promesse inadempiute, i sogni traditi, ma ci regala  anche momenti di intensa consapevolezza del nostro essere al mondo, partecipi di tanta inspiegabile meraviglia.

Il lungo pomeriggio sta finendo, magliette e calzini hanno ormai raggiunto un punto di cottura sufficiente e li dispongo ordinatamente sul mio letto; i galiziani intanto sono tornati.
L’appetito, a un certo punto,  chiede di essere soddisfatto, anche se non si è creata alcuna compagnia dell’anello. Mi sono ormai rassegnato a concludere in solitudine questa giornata inquinata dalla fretta di stamane, ma per scrupolo, o ispirato da qualche benevolo genietto del cammino, mi rivolgo ad una ragazza alta e bionda che è ancora in camerata.
Are you going to have dinner?
Non lo so – mi risponde. Ma poi si aggrega.
Mi dirà di aver passato anche lei un pomeriggio un po’ seccante  e che, a quel punto, non sapeva nemmeno se aveva voglia o no di uscire per cenare.  Incontro provvidenziale per entrambi, che raddrizza in extremis le sorti  di questa serata.
Lei è in cammino da quaranta giorni e ha iniziato da Somport, una variante lunga del Camino conosciuta  come  Camino Aragonés, dal nome della regione di partenza.

Il ristorante è zeppo di fumatori e così mi faccio spazio verso un cortile interno, un patio coperto, con un forno per pizza acceso. Ci sediamo lì vicino e consumiamo un ennesimo abbondante menù del pellegrino, entrando in quelle confidenze che volentieri i pellegrini scambiano con chi si mostra altrettanto aperto e disponibile. In fondo, siamo entrambi in capo al mondo, lontani da casa e, oltre al piacere di scambiare esperienze e riflessioni, c’è tutta la libertà di chi sa che, molto probabilmente, non ci si incontrerà mai più.
Io racconto delle mie esperienze sul cammino, nelle due estati precedenti; lei del bel tempo che ha caratterizzato le giornate di marzo e della solitudine dei primi giorni in cui era raro incontrare qualcun altro. Mi parla del suo lavoro come disegnatrice ed artista ad Amsterdam e io del mio, di cui qui preferisco tacere. Passano poi gli amici galiziani che sono tornati a prendere “una copa”, cioè a bere qualcosa, e quando ce ne torniamo verso l’ostello fa un freddo micidiale;  è forse qui che l’incipiente mal di gola di ieri comincia a trasformarsi nella bronchite che porterò a casa. Ma anche la bronchite fa parte di questa avventura: sarà l’occasione per iniziare a scrivere queste note e per rivivere e approfondire interiormente questa esperienza.

Segui il viaggio:

Prima tappa: In Galizia sul Cammino per Santiago di Compostela

Seconda tappa: Cammino di Santiago di Compostela – Da O Cebreiro a Fonfria

Terza tappa: Cammino di Santiago di Compostela – Verso il monastero di Samos

Quarta tappa: Cammino di Santiago di Compostela – Il tempo del pellegrino

Quinta tappa: Cammino di Santiago di Compostela – Verso Ferreiros

Sesta tappa: Cammino di Santiago di Compostela – Arrivo a Hospital de la Cruz

Settima tappa: Sul Cammino di Santiago di Compostela tra ricordi e sogni

Ottava tappa: Cammino di Santiago di Compostela – Compagni di viaggio

Nona tappa: Cammino di Santiago di Compostela – Sosta a Casanova

Decima tappa: Cammino di Santiago di Compostela – Arrivo a Ribadiso

Undicesima tappa: Cammino di Santiago di Compostela – 40 chilometri alla meta

Dodicesima tappa: Cammino di Santiago di Compostela – Sosta a Santa Irene

Tredicesima tappa: Cammino di Santiago di Compostela – Verso Monte do Gozo

MOSTRE

La Sapienza Università di Roma - Foto di Diego Pirozzolo
Fondazione Roma Sapienza, “Arte in luce” X edizione

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