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L’astrofisica Fiorella Terenzi intervistata dal glottobiologo Rinaldo Longo

Fiorella Terenzi

Fiorella Terenzi, astrofisica, scrittrice e musicista, ha iniziato la sua carriera universitaria negli Stati Uniti (Los Angeles, New York). Come ricercatrice al Computer Audio Research Laboratory of California, San Diego, ha sviluppato tecniche di conversione di onde radio provenienti dalle galassie in suoni che la Island Records ha inserito nel suo acclamato CDMusic from Galaxies” (in Italia pubblicato da Sperling & Kupfer). Varie, e tradotte in parecchie lingue, sono le pubblicazioni di Fiorella Terenzi che attualmente è professore alla Università di Miami in Florida.
In collegamento via Skype da Los Angeles, Rinaldo Longo di Bit Culturali l’ha intervistata.

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LONGOLe sue tecniche per convertire  in suono le onde radio, di natura elettromagnetica, provenienti dalle galassie hanno a che fare con la caccia alle onde gravitazionali attraverso la missione LISA (Laser interferometer Space Antenna) di ESA e NASA?  L’osservazione delle elusive onde gravitazionali dovrebbero farci ascoltare «il concerto dei suoni cosmici». Ciò ha a che fare con la sfera dei suoi studi?
TERENZI – No sono due sfere diverse, e le spiego anche il perché. Io ho operato nella radio-astronomia dove usiamo radio-telescopi per guardare certi tipi di oggetti che sono radio oggetti, sono molto forti nello spettro radio: tipo quasar, radio galassia. Nel mio caso io ho operato su una radio galassia usando diversi radio telescopi. Quello che io analizzavo sono onde radio, onde elettromagnetiche ad una certa frequenza, sul gigahertz, su miliardi di hertz, cioè miliardi di vibrazioni al secondo. Questa è la radio-astronomia. Quello che lei mi chiede delle onde gravitazionali, fa parte di un altro settore di ricerca. E’ un’altra sfera. Il campo gravitazionale rimane tutt’oggi un mistero: al riguardo non sappiamo se parlare davvero di onde oppure di corpuscoli o di particelle. Quindi gli astrofisici che lavorano in questi due settori hanno davvero diverse prospettive e diversi obbiettivi nel futuro. A me interessa tantissimo il campo gravitazionale. Purtroppo non sono mai entrata in questo campo di ricerca, non faccio quel tipo di ricerca dove si usano strumenti molto diversi anche dai radio-telescopi. Apprezzo la sua domanda e mi auguro che queste tecniche di ‘audioficazione’ dei dati celesti possano anche essere applicate nel settore gravitazionale e quindi mi piace molto che lei ha avuto questa ottima intuizione perché suggerisco sempre di provare ad analizzare questi dati celesti in maniera alternativa, non solamente visiva. Speriamo che nel futuro qualcuno porti avanti la sua idea, che mi sembra davvero molto acuta, molto intelligente, di trasformare in suono queste onde gravitazionali per sentire l’universo.

LONGO – Mi corregga se sbaglio: i fenomeni di livello subatomico sono fenomeni discreti, cioè fenomeni con caratteristiche di discontinuità. Può spiegarci ed esemplificarci con espressioni accessibili le fluttuazioni quantistiche che farebbero vibrare e brulicare lo spazio (o  l’universo)? Craig Hogan dell’Università di Chicago, direttore del Fermilab Particle Astrophisics Center in Ilinois parla di un universo pervaso da un tremolio intrinseco, il ronzio sonnolento di una radio non sintonizzata. Questo rumore significherebbe che lo spazio non è liscio né continuo.
TERENZI – Le rispondo da un punto di vista scientifico che propone che l’universo è la natura che ci circonda, anche quando facciamo una camminata nei boschi, è una natura che non è continua, cioè tutta unificata nel continuo, ma è una natura che si propaga a quantum, a pacchetti di informazioni, a piccoli segmenti. Io credo che la fisica quantistica abbia la possibilità finalmente di rilevare il segreto della natura che ci circonda. Credo che sia una natura quantistica fatta appunto da quantum, pacchetti di informazioni, discreta, se lo vuole può dire anche 01, 01, in questa era digitale va benissimo e le spiego anche il perché. Quando noi guardiamo nell’atomo, anche un semplice atomo di idrogeno, l’elettrone non è davvero libero di posizionarsi a distanza del nucleo dove gli fa piacere, l’elettrone è bloccato su certe orbite, forse lei si ricorderà, quindi questo elettrone può fare solo certi salti quantistici, orbite più in alto o più in basso, quindi di nuovo siamo di fronte ad una natura che sembra continua ma non lo è. Pensi anche alla cinematografia, quando guardiamo questi film, davvero ci sembra un fluire continuo di bellissime immagini, ma se lei potesse bloccare la pellicola cinematografica vedrebbe che davvero la realtà che noi stiamo guardando è fatta da tante piccole immagini che sono bloccati nel tempo.

LONGO – Lei mi ha bruciato in parte questa mia terza domanda, ma gliela rivolgo lo stesso per approfondire. Alcuni astrofisici ci dicono che lo spazio è di natura granulare, cioè sarebbe fatto di pezzi, di blocchi, di frammenti, degli elementi minuscoli, quasi dei bit, per cui l’universo sarebbe digitale. Lei che ne pensa?
TERENZI – Sì. Volevo ritornare alla sua domanda del tremolio intrinseco di una radio che si sintonizza sull’universo e poi entriamo nel bit digitale. Lei forse si ricorderà negli anni Sessanta, anzi prima, negli anni Quaranta, quando avevano iniziato a costruire queste radio antenne avevano già catturato un segnale molto disturbato che veniva da questa stazione radio che chiamavano fantasma e, se lei legge gli articoli di Karl Jansky, è chiaramente scritto sulle testimonianze di questo ricercatore che lui rilevava (1931) questo brusìo o rumore di fondo continuo che veniva messo in onda da questa stazione radio fantasma, che non era localizzata sulla superficie del pianeta Terra, ma anzi era localizzata nel cielo. Jansky aveva seguito questa stazione fantasma e si era accorto che questa orbitava intorno alla Terra e cambiava posizione con le stagioni, da qui si era reso conto che questo brusìo, come lei ha detto, citando perfettamente le parole con cui lo ha descritto il direttore del Fermilab, era quello di un tremolio intrinseco di una stazione radio non sintonizzata, quindi un brusio sonnolento. Questo brusio lei lo sentiva nella sua casa quando avevamo queste televisioni ancora con l’antenna. Si ricorda quando i programmi della RAI finivano a mezzanotte e tutto d’improvviso sullo schermo c’era quella neve, c’erano quei pallini bianchi e neri? Ricorda quel brusio che veniva senz’altro dal suo televisore? Non c’era modo di rimuoverlo. E non c’era e non c’è modo per rimuoverlo nemmeno sulla superficie della Terra. Noi ascoltavamo questa radiazione di origine cosmica di sottofondo ad una certa temperatura. Da qui la ragione per cui, quando la RAI terminava i programmi, entrava subito dentro il televisore e dentro casa questo brusio cosmico. Quindi  esso è parte della nostra vita anche se non ce ne rendiamo conto. Al riguardo Pitagora diceva che rimane questa colonna sonora un po’ strana nelle nostre orecchie fin da quando siamo nati, quindi non ce ne accorgiamo più di questa sinfonia cosmica che ci circonda perché siamo nati in questa sinfonia cosmica.
Ritornando a Universo digitale, dico che la parola digitale ogni volta richiama 01, 01.  A me piace usarla anche in maniera poetica, quindi mi piace parlare di un universo digitale sicuramente. Forse digitale verrà  espanso nel suo significato nel futuro. Ci troviamo di fronte ad un grande mistero di questa natura quantistica.

LONGO – Ho capito. Rimane però un problema quando si parla di coscienza. Ma passiamo all’altra domanda. Lei lascia intendere che le due dimensioni naturali dell’universo sono l’intensità e la frequenza, che poi sono quelle che rappresentano le onde elettromagnetiche; allora quando si parla di una terza, quarta, ecc., dimensione, parliamo di dimensioni create dal cervello umano, cioè dalla mente? E come quelle due possono generare le altre?
TERENZI – Dott. Longo, la sua domanda è bellissima. E molto spesso anche io ci penso, perché forse il nostro cervello non è ancora sviluppato, non riesce a fare le connessioni tra neuroni come noi vorremmo.

LONGO – E già, le chiedo scusa, anche quando si parla di neuroni, di connessioni tra neuroni si parla di ronzio, di rumore ecc. ecc., siamo sempre là, nel rumore che Lei diceva.
TERENZI – Nel rumore che le dicevo, esattamente. Se noi potessimo, faccia conto, allargare il nostro cervello anche come dimensione, duplicare il numero di neuroni che abbiamo nella mente e creare queste connessioni tramite sinapsi, le voglio chiedere, secondo lei, noi non vedremmo un universo totalmente diverso da quello che vediamo?

LONGO – Sì, sì, ne sono certo, sì.
TERENZI – Sì, ne sono certa anch’io.

LONGO – Lei conosce il Connessionismo? Dovrebbe rappresentare il superamento della Scienza Cognitiva e la vera novità nel campo dell’Intelligenza Artificiale.
TERENZI – Sì, lo seguo, ne sono molto interessata.

LONGO – Si parla di computer che dovrebbero funzionare con dei microchips di natura umana, diciamo così.
TERENZI – Esattamente, mi ha letto proprio nella mente in questo momento, perché non credo che noi riusciamo a dare accelerazione all’evoluzione del nostro cervello. Lei, essendo glottobiologo, lo sa quanto è lenta l’evoluzione del nostro cervello, non possiamo aspettare che si ingrandisca aspettando la natura, bisogna prendere vantaggio della nuova tecnologia che abbiamo, e quindi, come lei dice, cercare di inserire certi chips  in computer che possono simulare le nostre reazioni chimiche, e ci stiamo arrivando. Forse un cervello bionico, appunto con l’aiuto della tecnologia, ci darà una visione dell’universo molto più completa di quella che noi abbiamo. Lei si ricordi sempre che quando noi guadiamo l’universo lo guardiamo solamente con i colori, i colori che noi vediamo nella natura. Ma quella è solamente una frazione piccolissima, è un milionesimo di tutto quello che è l’universo. Pensi all’universo nei raggi gamma, in raggi X, in ultravioletto, in infrarosso, purtroppo non riusciamo ancora a percepirlo, o se lo percepiamo è tramite queste immagini di satelliti che abbiamo in orbita, però, come io credo, abbiamo questa visione dell’universo ancora molto frammentata, non riusciamo a mettere insieme, non riusciamo ad unificare, non riusciamo ancora ad avere una visione organica. Io credo che sia dovuto alla nostra piccola scatola cranica.

LONGO – Il suono delle stelle può riflettere le proprietà chimiche e fisiche della sorgente dell’informazione e può portare a illuminare informazioni che potrebbero esistere ma che non è così facile osservare con altri mezzi: per esempio?
TERENZI – Le faccio diversi esempi pratici che avevo proposto nel ben lontano 1987. Quando si guarda il sole, il sole pulsa, quasi fosse un cuore.
LONGO – Si, io ero attratto dalle stelle, guardavo le stelle di notte, quando ero bambino, e mi sembravano appunto pulsare.
TERENZI – La luce che lei vede, è un tremolio dato dall’effetto della nostra atmosfera, ma se lei potesse andare nello spazio vuoto e vedere il sole si accorgerebbe che il sole si espande e si contrae, si espande e si contrae, quindi ha un suo ritmo pulsante. Questo ritmo è stato messo in suono dalla Stanford University vicino San Francisco, e se va sul loro sito web si accorge di come tramite il suono riescono a capire come il tempo del sole si sia modificato attraverso il tempo. Ecco che il segnale acustico del suono diviene come una canzone e ti accorgi se sta andando fuori tempo perche è la stella che sta diventando anziana e quindi sta iniziando ad avere problemi.
LONGO – Quindi, va fuori tempo, si dice. È bella quest’immagine.
TERENZI – Come tutti noi invecchiando cominciamo ad avere problemi, per esempio alle ginocchia, e si perde il tempo nella camminata. Rimanendo sempre nel campo del suono, ricordo che c’è anche la radiazione di backround dell’universo, che è stata messa in suono dall’Università della Virginia, anche qua per ben capire l’uniformità. Questa è una radiazione che è tutta uniforme nell’universo. È importante ascoltare questo unisuono continuo. Se per caso questo unisuono si interrompe o diviene di frequenza inferiore, sicuramente ci darà informazione se questa radiazione cosmica di fondo è davvero così uniforme. Le faccio un altro esempio, ne ho diversi, molti. Ci sono certi oggetti celesti che si chiamano quasar che sono praticamente buchi neri (black quasar) al centro di galassie molto attive, questi quasar non sono stabili, diventano molto luminosi poi lo diventano di meno, molto luminosi poi lo diventano di meno, quindi creano delle curve di luminosità. Se lei, dottor Longo, guarda dei quasar che sono al limite dell’universo, a quindici miliardi di anni luce di distanza, può rendersi conto che la luce che riceviamo è molto debole e quindi queste fluttuazioni possono anche passare inosservate. Perdiamo dei dati preziosissimi. Un collega alla Florida International University, il dottor Jim Webb, ha trasformato in suono queste variazioni della luminosità di un quasar e si è accorto delle variazioni solamente ascoltando. Quindi non più siamo bloccati a guardare l’universo, ma mentre guardiamo un altro oggetto celeste, possiamo anche ascoltare la variazione di luminosità di un quasar. Quindi di nuovo grande vittoria nel poter studiare l’universo con tutti i sensi che abbiamo. Le vorrei chiedere, dott. Longo, se ci fosse la possibilità, lei non vorrebbe assaggiare Marte o assaggiare Venere, sapere il sapore di un altro pianeta?
LONGO – Ma sicuramente c’è il desiderio, mi sento cittadino non del mondo, del cosmo.
TERENZI  – Esatto, e dobbiamo usare tutti i sensi che noi abbiamo a disposizione.

LONGO – La sua predilezione, nelle sue indagini, verso tecniche sonore e non di imaging, quindi verso tecniche di rappresentazione dell’universo che vanno al di là dei riferimenti visivi, può essere di aiuto nel campo delle indagini e/o cura delle neurodegenerazioni?
TERENZI – Questa è un’altra bellissima domanda che mi fa pensare tantissimo. Io credo di sì. Non sono un’esperta in neurofisiologia o psicologia, è un settore che mi piace leggere, e in cui mi piace documentarmi, ma io credo che qualsiasi tecnica di amplificazione ci possa aiutare a capire la natura meglio. Quindi io incoraggio gli scienziati in quel settore di usufruire dei computer, dei programmi, di software, delle tecnologie di computer music che abbiamo a disposizione, nel 2012 ci sono programmi anche molto veloci, e di provare metodi alternativi nel settore di ricerca in cui operano. Il mio personale pensiero al riguardo è positivo. Io credo che il suono sia qualcosa di natura divina. Ecco il problema.

LONGO – E già, la capisco, io ho ascoltato le sue colonne sonore. Ora a me, glottobiologo, che studio i fondamenti biologici del linguaggio, cosa possono dire le sue ricerche? Cosa, lei che accosta arte e scienza, può dire all’arte figurativa e alle varie arti? Come poeta devo dire che la sua musica mi ‘illumina d’immenso’ (e penso a G. Ungaretti).
TERENZI – Sono onorata per quello che Lei ha detto. Sono parole che terrò a cuore perché se anche un secondo della mia musica, che non è mia (sono stata solamente un semplice, piccolo interprete, trasformatore. Il suono è davvero di questa galassia, quindi è proprietà di tutti noi esseri umani e del regno animale in genere), se un secondo di questa sinfonia cosmica può ispirare un artista nel campo musicale, visivo, architettonico, io ne sono solamente onorata e se questa musica può aiutare nelle meditazioni, di nuovo ne sono sicuramente grata e in me sento finalmente di aver contribuito almeno un pochino a questa umanità. Io uso la mia musica, la chiamo musica a questo punto, per alcuni rimane sempre rumore, quindi sottofondo. Io uso la mia musica per le meditazioni e cerco di incoraggiare anche altre persone. Credo anche nella meditazione per poter raccogliere i pensieri alla fine della giornata, e come scienziata, per essere molto obiettiva su quello che sto facendo ogni giorno, per sapere, capire bene, medito quasi quotidianamente, quando ce n’è la possibilità, per capire anche se ho davvero dato il massimo di me stessa. Importante è mantenere sempre un certo senso analitico e critico perché l’Ego, il nostro Ego è molto egoista. Bisogna cercare l’umiltà nelle scienze.
LONGO – Egoista lo è già il gene. C’è un libro di Richard Dawkins che di questo parla.
TERENZI – L’ho letto. Il gene che pensa solamente a riprodursi … È uno dei miei libri preferiti.

LONGO – Recentemente, ricordandomi dei suoi studi e, ascoltando la sua musica ho scritto un articolo sul pittore Francesco Guerrieri, che dipinge dal 1959 ed è uno sperimentalista impegnatissimo, ebbene, valutavo i quadri di Guerrieri e la sua musica mi sembrava provenire da quei quadri. Il legame era fortissimo. Ora però le chiedo: sotto quali aspetti, se è possibile, voce e suono possono essere considerati sinonimi? Se sì, quanto e cosa della voce galattica può essere considerato rumore, e quanto e cosa è suono, quanto e cosa è melodia e quanto e cosa è armonia o ritmo?
TERENZI – Altra bellissima domanda. Mi piace quello che ha detto del pittore che dipinge dal ‘59 e che lei vede nella sua arte una corrispondenza con la mia musica. Vorrei cogliere l’occasione per fare un complimento alla nostra piccola scatola cranica che, sembra quasi forse offensivo averlo detto, è una piccola scatola cranica, non è grandissima. Tuttavia la densità dei nostri neuroni è molto alta, da qui la ragione che alcuni di noi riescono ad andare al di là della scienza, riescono quasi a scavalcare questo muro e riescono a rimanere in sintonia con questo magnifico universo.

LONGO – Chiedo scusa se la interrompo. Ciò avviene per l’intervento di quella parte più antica del cervello, il sistema lìmbico con amigdala, ippocampo, ipotalamo,  ecc., e per effetto della sinestesìa.
TERENZI – Ippocampo, esatto, è ancora quello arcaico, primordiale, dell’animale quasi, richiama l’istinto, perché anch’io rimango stupefatta e meravigliata in silenzio quando vedo certi dipinti:  stanno rappresentando galassie e stanno rappresentando enti gravitazionali senza quasi rendersene conto. Gli artisti riescono a catturare questa essenza che continua a sfuggirci. Ciò avviene anche tramite la musica, certa musica, che trascende il tempo. Certi dipinti, ed io mi accorgo anche che certe opere architettoniche, sopratutto anche i templi astronomici che abbiamo ancora sulla Terra, dalle piramidi a Stonehenge, hanno saputo catturare certamente un calendario astronomico con cui misuravano l’universo, inclusi anche i significati che tutt’oggi non riusciamo a capire. Quindi vorrei fare i complimenti alla nostra piccola scatola cranica e a questa parte del cervello che, come dice lei, è arcaica primordiale. Ma arrivando alla sua domanda riguardo a rumore, suono, melodia ed armonia, devo dirle, dott. Longo, che se lei viaggia in India o in Giappone, in Cina, si accorge che quello che noi chiamiamo musica nel mondo occidentale, quello che nei conservatori italiani chiamiamo musica, non è un concetto che viene capito in Cina o nel mondo Arabo dove hanno scavato totalmente i microtonali. E quindi quale è la musica? È musica quella araba o la nostra? Non si può definire migliore l’una o l’altra, perché se si definisce l’araba migliore ovviamente la nostra diviene peggiore. A me non piace questa definizione che rende una cultura, una musica superiore o inferiore. Dunque, per me sono equivalenti ambedue come musica, perché la musica araba, molto complessa, la cinese microtonale riescono a comunicare come la nostra musica occidentale, da Bach a Mozart a Verdi a Puccini, i miei favoriti.
LONGO – Lei ha studiato musica al Conservatorio G. Verdi di Milano, vero?
TERENZI – Ai corsi popolari serali aperti a tutti, tenuti alla sera solamente …. Mi è piaciuta molto la musica. Da qui, quindi, l’attrazione per il mio tipo di ricerca. Ritengo importante mantenere l’educazione musicale nelle scuole.
LONGO – Certamente, anche per il contributo che può dare alle altre discipline, i suoi studi e la sua musica ne sono un esempio. Ma passiamo all’ultima domanda. O no, Le chiedo scusa forse lei non aveva concluso.
TERENZI – Sì, volevo chiarire appunto questo significato. La parola musica non sta a noi definirla, perché per me tra musica e suono non c’è davvero diversità  e se posso farle un esempio molto pratico pensi al suono di un’auto: siamo sicuri davvero che sia un suono? Magari è una musica, una musica fatta da carburatore, acceleratore, pistoni. È quella l’espressione dell’auto. Pensi ad un suono di un elefante in mezzo alla Savana che sta cercando il compagno che non trova. Siamo sicuri che sia solo un suono? O forse questo suono è talmente così complesso che diviene musica, diviene una canzone d’amore. Per me la distinzione tra suono e musica non è definibile, specialmente al giorno d’oggi, infatti, quando possiamo analizzare un suono e vediamo la complessità multipla di queste frequenze, questo suono diviene musica. Ovviamente dobbiamo abbandonare l’idea della musica occidentale, della nostra scala tonale, delle nostre sette note musicali. Bisogna allargare il concetto di quello che è la musica.

LONGO – Prof. Fiorella Terenzi, lei è certamente al corrente degli ultimi sviluppi della fisica della particelle;  è di qualche giorno la scoperta, al CERN di Ginevra,  del Bosone di Higgs,  detto  anche la particella di Dio (Margherita Hack ha detto: “questa particella è Dio”), che condensa l’energia in materia e quindi dà massa a tutto. Ho sentito dire che questa scoperta dovrebbe portare ad una nuova interpretazione dell’universo, potrebbe far compiere un passo in avanti nelle teorie di unificazione, verificate per le forze nucleari ed elettromagnetiche, ma dalle quali la gravità rimane ancora esclusa. Cosa comporterà questa scoperta nel campo delle sue ricerche? A proposito cosa bolle nella pentola dei suoi studi?
TERENZI – Questa particella potrebbe riscrivere tutti i libri di fisica e scienza che abbiamo usato sino ad oggi. Potrebbe aprire l’orizzonte su scoperte di cui non ne abbiamo la minima conoscenza, aprendo la barriera a nuovi astratti teoremi matematici e a complessi armamentari astronomici. Tuttavia spero che questa particella di Dio ci possa anche ricordare cosa significa provare stupore di fronte allo spazio infinito dell’Universo e della potenzialità della nostra mente.  Nella mia pentola vi sono diversi progetti, non certo cosi grandi come la particella di Dio, forse un altro libro sui princìpi universali che governano la nostra vita e il nostro Universo. Questi princìpi purtroppo non possono essere rotti. Possiamo solamente rompere noi stessi contro di essi. Ho messo il prologo del libro su You Tube per vedere se colleghi e persone in generale riescono a contraddire questi principi ma per il momento sembrano reggere bene. Di qui la ragione per cui ne estrarrò un libro ben presto.

LONGO – Cosa vorrebbe dire all’uomo di scienza riguardo alla scrupolosità e alla correttezza professionale?
TERENZI – Fare ricerca profonda, e accertarsi tremila volte che la ricerca sia completa e  inclusiva di tutti i ricercatori su questo pianeta e quindi informarsi bene, quando si scrive un saggio, su tutto quanto è stato pubblicato circa l’oggetto della propria ricerca, ponendo come elemento fondamentale di esclusione solo tutto quanto non ha carattere di scientificità.  Non effettuare discriminazioni fondate, magari, sul sesso di un autore. Non possiamo più  permetterci di ignorare i vincitori di Nobel, in India,  in Vietnam, in Belgio, in  Nicaragua, in Etiopia, a Buenos Aires. Bisogna, tutti noi  scrittori, essere molto responsabili quando pubblichiamo qualcosa, perché questo nostro mondo è un villaggio globale e non possiamo essere solamente focalizzati su scienziati del Nord America o europei, non bisogna lasciarsi vincere dalla gelosia.

LONGO  – Colgo l’occasione da queste sue ultime battute per dirle quanto è duro portare avanti le proprie idee, i propri studi, vedere seguite le proprie intuizioni. Ad esempio, io mi sto battendo attraverso i miei scritti, in particolare su Bit Culturali per convincere i linguisti, o meglio i glottologi della nuova generazione a rigettare il termine ‘biolinguistica’  e portare avanti il termine ‘glottobiologia’ perché la glottobiologia mette al primo posto e al centro la ‘glottide’, infatti questa è il punto di sfogo di quelle onde di cui lei parlava. Io credo che nell’evoluzione umana si sia sviluppato quest’organo e abbia vibrato in conseguenza della formazione, al suo interno, delle corde vocali, proprio per dare sfogo al cervello di sperimentare le potenzialità del linguaggio verbale e di giocare, come dice Cesare Segre “la scommessa folle dell’astrazione, della logica, della ragione”. Allora, glottotecnicamente parlando, al centro della scienza del linguaggio bisogna mettere il termine glotta (greco glotta dal greco glossa = lingua).
TERENZI – È bellissimo, complimenti su quello che ha già detto sulla glottobiologia, sulle corde vocali come punto di sfogo, e, chissà, la glottide, magari, è un punto di sfogo anche per l’universo. Lei ha mai letto certi scritti molto antichi, dove si dice di questo Dio che crea l’universo tramite un urlo, tramite un grido? Bisogna cercare di capire esattamente questa natura, per me una corda vocale quando vibra, vibra in perfezione. E’ una glottobiologia ancora non ben studiata. Biolinguistica è un pochino più limitante. La porti avanti la glottobiologia. Creiamo un sito web e io mi iscrivo al suo sito web. Faccio una pagina Facebook.

LONGO – La ringrazio, ci risentiremo allora, non le tolgo più tempo, Lei è stata gentilissima. Thank you Doct.  Fiorella Terenzi, Astrophisicists, Professor,  Author and Musician, thank you da me e da tutto lo staff di Bit Culturali.

TERENZI – Grazie a lei Dottor Longo e a tutto lo staff di Bit Culturali, mi sento onorata della vostra richiesta per questa intervista.

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La Sapienza Università di Roma - Foto di Diego Pirozzolo
Fondazione Roma Sapienza, “Arte in luce” X edizione

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