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Un bambino e i suoi dieci telefonini

MareIl figlio dodicenne dei miei vicini di casa mi pone un interrogativo: “Io sono stato fatto dai miei genitori e loro dai nonni e così via. Ogni cosa e persona è stata fatta da qualcun altro … ma Dio … chi l’ha fatto?”
Di fronte alla mia esitazione: “Lo vedi? Nemmeno tu sai rispondermi, lo sapevo, nessuno la sa, la risposta.”

Giorni dopo, provo a rispondere con la storia di Sant’Agostino che passeggia sulla spiaggia ed incontra un bambino che cerca di svuotare il mare con una conchiglia. Ride, ma il bambino, che è in realtà un angelo, risponde ad Agostino, in quei giorni intento alla composizione del De Trinitate: “E tu, non stai forse cercando di fare lo stesso, col tuo studio sulla Trinità?”

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Cerco di spiegare che Dio è molto al di là di ogni nostra comprensione, che ci si può avvicinare a Lui attraverso l’amore e che non possiamo comprenderlo come comprenderemmo il funzionamento di un elettrodomestico.

Qualche giorno dopo scopro qualcos’altro riguardo al mio giovane amico. Possiede 10 telefonini e la disinvoltura con cui li apre, li smonta, sposta da uno all’altro la Sim, il piccolo cip di memoria, mi fa balenare qualcosa in mente.
Povero piccolo, immerso in un mondo di cose che può aprire, smontare e rimontare, già esperto di meccanismi e tastiere e giochi, costretto fra lo schermo della TV, quello della Play Station e quello del computer, perso fra realtà virtuali, è già paurosamente cieco a quelle spirituali, pericolosamente vicino ai dubbi e ai disincanti dell’età adulta. Immerso in un mondo di cose, non concepisce la realtà di ciò che non è riducibile alla misura delle cose, di ciò che non si può smontare e rimontare a piacimento, di ciò che non ha un marchio di fabbrica, un prezzo e delle specifiche tecniche.

Vincenzo Continanza

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La Sapienza Università di Roma - Foto di Diego Pirozzolo
Fondazione Roma Sapienza, “Arte in luce” X edizione

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