Dopo la grande mostra di vent’anni fa alla Mole Antonelliana, i Macchiaioli ritornano a Torino. Dal 16 febbraio al 10 giugno 2007 sarà, infatti, possibile ammirare nelle sale di palazzo Bricherasio le opere dei maestri che dettero vita al celebre movimento pittorico sviluppatosi in Toscana nella seconda metà dell’800.
La mostra, curata da Francesca Dini, propone un itinerario di oltre cento opere, provenienti da collezioni private e pubbliche, articolato in otto sezioni, volto a studiare l’originale e rigoroso rapporto dei Macchiaioli con “i principi del vero”.
La prima sezione (Origine e affermazione della “macchia”) esemplifica con noti capolavori di Telemaco Signorini (Pascoli a Castiglioncello, Ritorno dalla capitale e Giovani pescatori), di Serafino De Tivoli (Una pastura), di Vito D’ancona, di Giovanni Fattori, di Raffaello Sernesi, l’invenzione della “macchia”, strumento ed emblema del movimento dei realisti toscani.
La seconda sezione (Castiglioncello e Piagentina, realtà e lirica del paesaggio) introduce al momento più poetico della storia dei Macchiaioli come movimento unitario. Nel corso degli anni sessanta, infatti, tali artisti alternarono la loro presenza tra la villa del critico e mecenate Diego Martelli a Castiglioncello e la campagna fiorentina di Piagentina: le splendide predelle di Odoardo Borrani, di Raffaello Sernesi, di Giuseppe Abbati (di quest’ultimo in particolare si segnala l’inedito Paese di Vada nella Maremma toscana), straordinari capolavori di Fattori (Riposo in Maremma, Criniere al vento, Pasture in Maremma, Diego Martelli a Castiglioncello), di Signorini (I renaioli sull’Arno), di Silvestro Lega (La visita in villa), attestano un nuovo modo di rapportarsi con il paesaggio.
La terza sezione (L’epica del quotidiano) ruota attorno al ritrovato capolavoro di Telemaco Signorini L’alzaia, oggi proprietà di una collezione inglese, e raggruppa splendidi dipinti (di Fattori, Le macchiaiole e Raccolta del fieno in Maremma, di Borrani Cucitrici di camicie rosse, di Abbati L’orazione, di Lega Educazione al lavoro) esemplificativi di quella sublimazione del tema lavoro e della realtà della vita quotidiana italiana del tempo, che è dimensione primaria di questi pittori.
La quarta sezione (Presagi di Naturalismo nella pittura dei Macchiaioli) si raccoglie attorno al magnifico Ave Maria di Fattori, non più visto da oltre cinquant’anni, attestando l’insinuarsi nella poetica dei Nostri di inevitabili influenze internazionali, che contemperano da un lato la pittura dei campi di Jules Breton (Cristiano Banti, Confidenze) e dall’altro il caldo olandesismo degli interni di Alfred Stevens e di James Tissot (Signorini, Non potendo aspettare, Borrani, Una visita al mio studio, D’Ancona, Signora in conversazione).
La quinta sezione (La declinazione “gentile” del vero) documenta l’impegno di artisti macchiaioli della seconda generazione ad una trascrizione “oggettiva” del vero che, depotenziando i valori di sintesi e di tensione etica della precedente produzione macchiaiola approda dopo il 1870 ad un fare più piacevolmente narrativo. Sono esposte le opere di Francesco Gioli (Il Monte di Pietà e Boscaiole di San Rossore), di Niccolò Cannicci (Il girotondo e Primi raggi), di Egisto Ferroni.
A partire dagli anni Ottanta i capiscuola macchiaioli, pur rimanendo fedeli ai temi precipui del Realismo, tendono a sviluppare percorsi individuali: Fattori esprimendo con rigore nel verismo integrale dei grandi quadri maremmani il sentimento di appartenenza alla civiltà della sua terra (Sesta sezione: la “verità” di Fattori), Signorini privilegiando il “carattere” nella tipizzazione dei volti di Riomaggiore (Settima sezione, Il “carattere” di Signorini), Lega accentuando la spiritualità delle sue donne del Gabbro (Ottava sezione, il “Sentimento” di Lega). E’ attraverso questi tre grandi maestri che l’eredità dei Macchiaioli si consegna al Novecento.
Il catalogo della mostra è pubblicato da Electa di Milano.