A Casola Valsenio, “Paese delle Erbe e dei Frutti Dimenticati”, nella parte collinare del comprensorio turistico delle Terre di Faenza (Provincia di Ravenna), si celebrerà, il 25 aprile 2007, l’originale Festa di Primavera, che si svolgerà per le vie e le piazze del centro storico. Momento clou della giornata sarà la sfilata dei carri prevista per il pomeriggio.
La Festa si colloca nel solco di una antica tradizione popolare. Era, infatti, il 1891 quando un gruppo di artigiani del paese decise di organizzare la Festa di Mezzaquaresima, detta anche della Segavecchia, che interrompeva il grigiore della Quaresima con un giorno di carnevale che comprendeva una fiera di bestiame, balli, giochi, la sfilata del carro della Vecchia (rappresentata da un enorme e grottesco mascherone) e il corteo di carri accompagnati dal lancio di confetti e di arance.
La Vecchia, nella tradizione romagnola, era vista come la colpevole di tutti i mali della stagione agricola passata e per questa colpa, dopo un processo caricatura, veniva o segata o, come succedeva a Casola, bruciata in piazza tra canti, urla e balli con un rogo di purificazione e di propiziazione della stagione che stava per iniziare.
Pur avendo mutato nome e data, la festa di Casola Valsenio conserva inalterati i caratteri tradizionali degli inizi. Sfila ancora, preceduto dalla banda del paese, il carro della Vecchia che la sera viene processata e bruciata e sfilano ancora i carri di pensiero, ogni anno ricchi di forme nuove, di allegorie sempre più raffinate, di costumi e colori più ricercati e con dimensioni sempre più imponenti (alti fino a sei metri, accolgono anche venti figuranti).
Inoltre, come è sempre stato, i figuranti restano immobili in forme plastiche per tutto il tempo della sfilata: ogni quadro vivente è una pagina di letteratura popolare che appare come un curioso discorso fatto alla piazza dai costruttori dei carri attraverso la dimensione fisica dell’allegoria a tutto tondo. Si tratta di un linguaggio che, anche nell’era del digitale e della tecnologia, conserva tutta la sua forza di comunicazione e di impatto emotivo per l’originalità delle idee, per la ricercatezza dei costumi e dei colori, per l’imponenza e l’arditezza delle forme. Un linguaggio che resta ancorato alla tradizione, pur adeguandosi ai mutamenti di costume e di cultura soprattutto perché sopravvive lo spirito con cui vengono costruiti e portati in piazza i carri: le società si ritrovano a lavorare attorno ai carri spinti da un comune sentire, da un comune impegno culturale, sociale, civile e, in alcuni casi, anche politico.