Sarà inaugurata sabato 7 giugno 2008 alle ore 19,00 a Martina Franca (TA), nello spazio espositivo “La luna di Glifada”, la personale dell’artista Alfredo Quaranta dal titolo Opera al nero, a cura di Valerio Dehò.
“Questa nuova serie di lavori di Alfredo Quaranta – afferma Valerio Dehò nel suo intervento pubblicato nel catalogo che accompagna l’esposizione – nella varietà dei temi e delle tecniche, consente di valutare al meglio la poetica della recente attività dell’artista. Si può cominciare dal legno come materiale di recupero, qualcosa che viene restituito ad una funzione, laddove l’industria ne ha cessato l’uso. L’artista riutilizza le casse degli spedizionieri, quelli che movimentano migliaia di tonnellate al giorno. I contenitori delle merci, con tutto il loro carico significativo di etichette, bolli, numeri e loghi diventano un tutt’uno con l’opera. Ma molto presente è la fotografia, usata come traccia intellettuale di un percorso complesso, in cui prevale comunque un’idea che va oltre l’opera, e si presenta come lavoro installativo e multimediale nel senso più ampio, non soltanto legato alla comunicazione video o digitale.
Sono lavori importanti questi – continua Dehò – soprattutto per la complessità dei temi e per le scelte operate. Su tutti un simbolo e una forma, “La mia Lilith”, figura ambigua nella storia della mitologia e della religione ebraica che sta a metà tra Eva e una dea del male. Lilith, da prima compagna di Adamo si trasformò nel medioevo in una versiera in grado di gareggiare con i maschi ben più famosi come Belzebù o Satanasso, e si comprende bene a quale categoria questi soggetti appartengono. Ma in questa versione è l’astro così familiare e femminile, la luna, che cosparsa di pece risplende di luce nera, simbolo dei tarocchi non certo beneagurante.
L’arte non può spiegare, ma può far riflettere. Così in “Quel che resta di Babele” i sacchi di cenere contengono altre parole bruciate, gli alfabeti del Mediterraneo, la culla della civiltà occidentale, che vengono catalogati come se fossero reliquie di un mondo perduto, ma da salvare comunque attraverso i suoi simboli per eccellenza: le parole.
Probabilmente in questi lavori recenti “Mareggiare con cura” rappresenta non soltanto un lavoro sulla luce e sull’acqua che si distanzia dalle tenebre precedenti, ma certamente ha ancora a fondamento l’idea di una trasformazione. Le foto di paesaggi marini, anzi di giochi di luce sul mare, diventano dei light box che vengono incastonati e sorretti da solide assi di legno. L’ installazione rende conto dei diversi momenti e delle diverse temperature che si creano tra la luce e la rifrazione/riflessione dei raggi del sole e il contrasto con i legni vissuti che sorreggono l’impianto dell’opera determinano un positivo contrasto. Ancora una volta viene fuori il contrasto, anzi, il contrappunto, tra astratto e concreto, tra visibile e invisibile.
Una mostra importante questa di Quaranta che ritraccia l’attività dell’artista verso nuove direzioni pur con una forte continuità con il precedente lavoro pittorico”.