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Il divo, il film di Paolo Sorrentino

Locandina del film Il divo

Ambizioso tentativo di affresco d’epoca – le vicende descritte vanno dalla nascita dell’ultimo gabinetto Andreotti all’incriminazione dello stesso statista negli anni di Tangentopoli –, Il divo si presenta come un’opera “a tesi”, ideologicamente schierata e partigiana, una pellicola “di denuncia”, tesa a delineare il ritratto – schizzato a tinte foschissime – di un enigmatico uomo di potere (che ormai uomo di potere non è più…) a cui è parso lecito attribuire, in passato come nel presente, tutti i crimini e i misfatti di mezzo secolo di politica italiana.

Un’operazione, quella a cui mira Paolo Sorrentino, che si richiama in larga misura a certo cinema “civile” degli anni Sessanta e Settanta: il cinema di Elio Petri e di Francesco Rosi, in particolare. Vengono subito alla memoria due film come Todo modo e Cadaveri eccellenti: l’uno e l’altro a loro volta debitori delle accese ridondanze e dei raggelati impasti barocchi della narrativa di Leonardo Sciascia.
La mano del regista (Sorrentino ha diretto prima di questo tre film in cui l’attenzione verso la componente ambientale e figurativa rivestiva una funzione centrale) è allora avvertibile nell’armamentario visionario e flamboyant che la pellicola dispiega a piene mani: nell’utilizzo insistito di architetture e scenografie magniloquenti, nel delirio di maschere e acconciature espressioniste (di un espressionismo da fondi di magazzino): scelte stilistiche tese a dare risalto alla chiave marcatamente grottesca imposta al racconto. Un grottesco che costringe gli attori – soprattutto un attore di sperimentato mestiere come Toni Servillo – ad assecondare forse più del dovuto la rigidezza antinaturalistica perseguita dal cineasta.

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E così può talora sorgere il sospetto che Servillo si sia prestato a realizzare una parodia di una parodia. Si può arrivare a credere, cioè, che egli abbia inteso offrire l’imitazione farsesca di uno di quei guitti che in certi varietà televisivi si divertono a fare la caricatura del povero Andreotti.

Il personaggio dello stesso Andreotti, viziato dallo sguardo livido, carico di un furore sordo e mal dissimulato, che su di lui getta il regista, non arriva mai ad acquisire una dimensione di tetra e inquietante e mefistofelica grandezza, come era forse nelle intenzioni di Sorrentino, ma si riduce a una figura fumettistica, priva di spessore e verità umana.

Per contro, i momenti più felici della pellicola andranno cercati nelle scene in cui il grottesco è sgravato da urgenze predicatorie, da semplificazioni didascaliche e pseudo-protestatarie: la sequenza della festa da ballo in casa di Cirino Pomicino, ad esempio; ovvero negli ammiccamenti sornioni a certo cinema di genere a cui il regista guarda con ironia greve, ma concreta: vedi i notabili della corrente andreottiana inquadrati nel loro incedere spavaldo come i gangster de Le iene di Quentin Tarantino; ma soprattutto in quegli squarci improvvisi di violenza criminale e di sangue che Sorrentino si concede e ci concede con una certa qual schifiltosa degnazione: si pensi alle uccisioni di Salvo Lima o di Pecorelli. Sequenze che posseggono indubbiamente una loro torva densità espressiva; momenti apprezzabili, certo, ma che tuttavia non giustificano i clamori e gli entusiasmi inconsulti che il film ha suscitato al festival di Cannes.

Nicola Rossello

Scheda film

Titolo: Il divo
Regia: Paolo Sorrentino
Cast: Toni Servillo, Anna Bonaiuto, Giulio Bosetti, Flavio Bucci, Carlo Buccirosso, Giorgio Colangeli, Alberto Cracco, Piera Degli Esposti, Lorenzo Gioielli, Paolo Graziosi, Gianfelice Imparato, Massimo Popolizio, Aldo Ralli, Giovanni Vettorazzo
Durata: 110 minuti
Genere: Drammatico
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita in Italia: 28 maggio 2008

Copertina libro
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