Film discontinuo, a tratti persino irritante, La banda ha però al suo attivo alcune buone cose e momenti decisamente felici. Si pensi a tutta la parte iniziale della pellicola che, nei modi e nei ritmi della messa in scena (impassibilità keatoniana dei personaggi di fronte agli eventi, inquadrature fisse, tempi narrativi allentati, bruschi stacchi di montaggio, ellissi marcate), ammicca all’umorismo sottilmente malinconico e stralunato, sommesso e surreale del cinema di Kaurismaki. O si pensi al nitore vitreo e come raggelato della fotografia di Shai Goldman, una fotografia capace di comunicare il senso di solitudine e desolazione di un paesaggio chiuso in un’inerzia senza scampo, che sembra uscito fuori da una tela di Edward Hopper (quegli edifici silenziosi stagliati contro il cielo! La malinconia di quei locali notturni semideserti!). E si pensi, soprattutto, al fuoco narrativo del film: il racconto dell’amore non consumato tra Tawfiq Zacharya e Dina: una parabola triste, paradigma di un incontro mancato tra due solitudini dolorose, in cui Eran Kolirin – qui al suo film d’esordio – riesce a trovare accenti di grande delicatezza e profondità introspettiva, assecondato in questo dalla bravura dei due interpreti.
Altrove però la confezione non è esente da intoppi. In particolare, nuoce alla pellicola il tratteggio macchiettistico di alcuni personaggi e situazioni e accadimenti: vedi le figure di Simon e dei suoi ospiti, o l’aneddoto, di respiro esile e incerto, sul componimento musicale inconcluso; vedi l’episodio della lezione di strategia seduttiva che Haled impartisce all’impacciatissimo Papi, scenetta in cui Kolirin sembra inseguire una comicità facile, più di intenzione che di effetto.
La banda traduce in forma drammaturgica l’ipotesi di una convivenza possibile tra due popoli ancora assai lontani e ostili l’uno all’altro. Il messaggio di cui Kolirin si fa portavoce prospetta, attingendo al registro della fantasticheria lieve, l’esigenza di un incontro e di una pacificazione reali in cui, venuti a mancare tensioni, sospetti e rancori reciproci, arabi ed ebrei possano maturare una coscienza nuova, tornando ad esprimere – come accade a tutti i personaggi del film – il bisogno radicato e insopprimibile di una comunicazione, di uno scambio, di un dialogo. Un messaggio forse anche un poco ingenuo, ma percorso da un appassionato e generoso senso etico.
La pellicola ci rammenta altresì che, aldilà di qualunque barriera e pregiudizio ideologico, esiste un linguaggio universale dei popoli, capace di farsi strumento di conoscenza autentica dell’altro. La musica, naturalmente, ma anche il cinema, ci dice Kolirin, sanno parlare questo linguaggio: Dina ricorda ancora con commozione i melodrammi egiziani con Omar Sharif che da bambina vedeva in televisione con la mamma: pellicole strappalacrime che le avevano consentito di sperimentare la scoperta del “diverso” e, insieme, l’annullamento di ogni distanza tra le proprie e le altrui passioni ed emozioni forti.
Nicola Rossello
Scheda film
Titolo: La banda
Regia: Eran Kolirin
Cast: Sasson Gabai, Ronit Elkabetz, Saleh Bakri, Khalifa Natour, Imad Jabarin, Tarak Kopty, Hisham Khoury, Francois Khell, Eyad Sheety, Shlomi Avraham, Rubi Moscovich, Hila Surjon Fischer, Uri Gabriel, Ahouva Keren
Durata: 90 minuti
Genere: Commedia
Distribuzione: Mikado
Data di uscita: 21/03/2008