Con questo suo nuovo Funny games (girato in inglese e con attori di richiamo), Michael Haneke ha inteso realizzare non già un remake, bensì una copia perfettamente fedele – nelle inquadrature, nei movimenti di macchina, nei dialoghi – al suo film omonimo del 1997. Haneke ha agito come quei pittori del Rinascimento che eseguivano copie autografe dei loro quadri di maggior successo. Un’operazione di “maniera” che non può non richiamare alla memoria quella condotta da Gus Van Sant su Psycho di Hitchcock.
Più ancora che un’interrogazione sull’etica della violenza e del male – un male che in questo caso assume una dimensione ontologica: il film irride la sociologia spicciola e la psicanalisi da quattro soldi con cui il cinema di genere si arrabatta a “spiegare” la ferocia gratuita di quegli eroi negativi che incarnano un’assenza totale di morale –, anche questo nuovo Funny games vuole essere una messa in discussione dell’estetica della violenza così come essa viene proposta da certo cinema criminale contemporaneo, di cui la pellicola di Haneke si offre come versione nera, immagine al negativo. Una riflessione disturbante e sadica, che, da un lato, si fa beffe delle clausole narrative e delle dinamiche obbligate della produzione di genere; dall’altro, non si fa scrupolo di condurre lo spettatore in un crescendo crudele e ossessivo di immagini di sofferenza e di tensione insostenibile, ben superiore a quella prescritta dai codici di cui si nutre la convenzione.
E però il regista austriaco non manca di rammentarci che il suo film, a ogni buon conto, è finzione, artificio, manipolazione. Ecco allora le infrazioni all’ordito classico della narrazione: le voci e gli sguardi in macchina: Paul che ci interpella direttamente e confidenzialmente, scompaginando le nostre certezze di spettatori; e la scelta, decisamente straniante, del rewind: il riavvolgimento del nastro che consente di ritornare indietro nel racconto e di correggerlo, quando quest’ultimo rischia di imboccare un percorso prono alle rassicuranti attese del pubblico in sala.
Si potrà essere certamente sconcertati e indispettiti da un simile modus operandi, da una così cruda decostruzione della logica e dei procedimenti narrativi, realizzata da un cineasta che in altre occasioni ha dimostrato di essere un ottimo narratore di storie. Ma si dovranno in ogni caso riconoscere la radicalità e l’indubbio rigore con cui Haneke ha saputo coniugare le sue scelte.
Nicola Rossello
Scheda film
Titolo: Funny games
Regia: Michael Haneke
Cast: Naomi Watts, Tim Roth, Michael Pitt, Brady Corbet, Davon Gearhart, Boyd Gaines, Siobhan Fallon Hogan, Robert Lupone, Susanne Haneke, Linda Moran
Durata: 120 minuti
Genere: Thriller
Distribuzione: Lucky Red
Data di uscita in Italia: 11 luglio 2008
Sinossi
Ann, George e il piccolo Georgie sono in cammino verso la loro seconda casa, dove passeranno le vacanze estive. I vicini di casa, Fred e Eva, sono già arrivati e si organizzano per vedersi tutti il giorno dopo per una partita di golf. Mentre suo marito e suo figlio sono al lago per sistemare la barca a vela messa recentemente a nuovo, Ann inizia a preparare la cena. All’improvviso si ritrova faccia a faccia con Peter, un ragazzo estremamente gentile, ospite dei vicini di casa, venuto a chiedere delle uova. Ann si appresta a dargli le uova ma, tutto a un tratto, esita: come ha fatto Peter a entrare in casa? Le cose prendono rapidamente una strana piega e si precipitano verso un’inaspettata esplosione di violenza.