Realizzato per la serie televisiva “Gauche/Droite” (esiste anche la versione breve di sessanta minuti, Le Detour), Les marchands de sable era chiamato a riflettere sull’incidenza della politica (dell’economia) nella vita quotidiana di oggi, utilizzando il sistema formale e tematico del cinema di genere. Queste almeno erano le indicazioni prescrittive della committenza. Un’incombenza che Pierre Salvadori (una sterzata repentina nel suo percorso di regista di commedie argute e accattivanti, questo suo quarto lungometraggio) ha inteso onorare lasciando cadere qua e là qualche accenno distratto ai meccanismi perversi del mercato della droga, equiparato, per via allusiva, al mercato tout court. Roba di scarso peso nell’economia del racconto, e su cui non pare opportuno insistere più del necessario. Anche perché il regista, saggiamente, si è attenuto al proposito di scansare ogni forma di moralismo sociale e ideologico, cosa di cui gli siamo riconoscenti, ma che forse ha finito per incidere in modo negativo sulla valutazione del film. Il quale non ha goduto affatto del favore del pubblico, né è riuscito a suscitare, nella critica specializzata, un’attenzione che non fosse occasionale (fatte salve alcune lodevoli eccezioni, naturalmente).
Eppure Les merchands de sable è un noir per tanti versi sorprendente e ammirevole, uno dei titoli più significativi del cinema criminale francese contemporaneo (lo si potrebbe accostare, per potenza di invenzione e densità di scrittura, a 13 Tzameti di Gela Babluani, benché le due pellicole siano diverse tra loro per contenuto, struttura e stile), un film che a noi pare giusto e necessario sostenere anche per sottrarlo a un’indifferenza ingiustificata, e restituirlo al posto che gli spetta nel panorama della produzione di genere.
La pellicola si presenta come un curioso esercizio manierista, un’opera che attinge ai modelli narrativi e iconografici di una tradizione gloriosa: le sue matrici spaziano dalla letteratura hard-boiled (viene in mente il clima febbrile e snervante di certi romanzi di Cornell Woodrich, in particolare) al cinema criminale americano degli anni Quaranta, dalla Série Noire francese al neo-polar degli ultimi decenni. Le influenze presenti nel film non devono impedirci di apprezzare la sua carica innovativa e la sensibilità personale di un autore che, scegliendo di lavorare all’interno dei passaggi obbligati del genere, ha saputo dar vita a una visione cupa e desolata, tragica, del paesaggio umano dei nostri giorni.
Les marchands de sable è costruito a partire da una sceneggiatura studiatissima, priva di sbavature e ignara di qualsivoglia seduzione letteraria (si sente bene che Salvadori e il suo cosceneggiatore Nicolas Saada posseggono appieno il senso del racconto, sanno tratteggiare con forza situazioni e caratteri), un congegno implacabile in cui, come nella migliore tradizione del noir, il gioco del destino s’impone sui personaggi trascinandoli in un vortice di eventi incontrollabili. Fragili pedine di un meccanismo ineluttabile, i protagonisti dl film si muovono in un universo dai contorni ambigui dove dominano simulazione e inganno, e la verità e la menzogna, l’innocenza e la colpa appaiono inestricabili.
Anche i luoghi del racconto appaiono sfuggenti. La vicenda è calata in un ambiente raffigurato con precisione topografica (un quartiere del XVIII arrondissement di Parigi, una piccola piazza di forma circolare, due caffè posizionati uno di fronte all’altro, un albergo di infimo ordine dove si svolge il traffico della droga…), un territorio definito nei suoi contorni netti e rassicuranti dalla luce diurna, ma che, nelle sequenze notturne, si trasforma in un paesaggio onirico, antinaturalistico: il luogo di un incubo interiore. Le strade silenziose e spettralmente deserte in cui si consumano l’inseguimento e l’agonia di Antoine (una sequenza magnifica, indimenticabile), venendo a circoscrivere uno scenario lugubre su cui pesa un’atmosfera di cupa fatalità, diventano i sentieri di un labirinto inestricabile di cui si sia smarrita ogni via di fuga.
È all’interno di questo spazio malato e allucinato, percorso da un male sottile e sotterraneo, che si aggirano – pavidi, spaventati, sgomenti – i protagonisti maschili del racconto, esseri fragili, vulnerabili e come sperduti (eppure si muovono nel loro quartiere, nel loro territorio), divorati da una debolezza malsana, incapaci di sostenere il confronto con un femminile minaccioso, distruttivo.
Come in tanti noir misogini degli anni Quaranta, anche su Les merchands de sable campeggia un’immagine femminile inquietante, un personaggio terrifico destinato a portare allo scoperto le paure segrete degli uomini che attraversano la sua strada. Marie (un’intensa Marina Golovine) è una presenza patetica, una creatura lacerata che reca in sé come una sorta di maledizione. Il suo dolore per la morte di Antoine non sembra conoscere pace (il rapporto che la lega al fratello appare connotato in termini incestuosi, anche se nel film non v’è mai nulla di torbido o di perverso). La determinazione con cui accetta di farsi strumento di vendetta ha in sé qualcosa di arcaico. È significativo che tutti i personaggi maschili del film – truand e piccoli spacciatori – si mostrino atterriti dalla sua energia divoratrice. Lo stesso Alain, l’unico personaggio esente da colpe, dopo aver tentato invano di scongiurare che l’inevitabile si compia, si lascerà lui pure risucchiare dalla vertigine del sangue.
Il noir torna qui a descrivere un mondo senza speranze, una tensione impossibile, lo scacco esistenziale. Ancora una volta l’eroe tragico sperimenta la propria pochezza e incapacità a misurarsi con le scadenze implacabili del destino.
Nicola Rossello
Scheda film
Titolo: Les marchands de sable
Regia: Pierre Salvadori
Cast: Mathieu Demy, Marina Golovine, Serge Riaboukine, Patrick Lizana, Guillaume Depardieu, Michèle Moretti, Robert Castel, Yann Hnautra, Renaud Ménager, Julie Depardieu, Blandine Pelissieri, Camille Bazbaz
Durata: 1h 35 min.
Genere: Drammatico,Thriller
Distribuzione: Les Films du Losange
Data di uscita: 2000