HomeDidatticaAlla scoperta dell'asino che è in noi, sba-ragliando i pregiudizi

Alla scoperta dell’asino che è in noi, sba-ragliando i pregiudizi

In camminoUomo Asino, uno dei più grandi esempi di collaborazione attiva tra specie diverse.
Strano, qualcuno potrà dire, se si pensa che per collaborare è necessario “parlarsi” e la comunicazione, tra i due, avviene in assenza di parole, esprimendosi solo attraverso il corpo. Non troppo strano se si pensa alla pelle come membrana di confine fra l’Io e il Mondo e si osserva che, mentre l’animale-asino comunica in termini di relazione, l’uomo comunica spesso sulla relazione, rendendo le parole fonte di fraintendimenti.

La “fatica” dell’uomo è stata condivisa anche dall’asino, la cui presenza è  stata indiscutibilmente fondativa per la storia dell’umanità. Asino-portatore, asino-trattore, asino-fonte di calore. Quell’asino che ha portato i “fardelli” dell’uomo. Membro della famiglia allargata, la cui morte non era meno grave di quella di un componente umano. Compagno fedele nei suoi silenzi!

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Dimenticato nell’epoca della corsa al progresso quando non solo la trazione animale non serviva più, ma soprattutto, quando l’uomo ha sentito il bisogno di dominare e di epurare tutto ciò che apparteneva alla ruralità e alla sua natura primitiva, cominciando a considerare dispregiativo lo stesso concetto di “bestialità”.
Curioso, dato che anche un bambino scolarizzato sa che: l’Homo sapiens sapiens o essere umano è un Primate (cioè Mammifero Eutero come i Lemuri e le Scimmie) Bipede e appartenente alla famiglia degli Ominidi. A pelo corto, onnivoro e adatto alla vita terricola.

L’asino è uno degli animali-simbolo più significativi: Religione, Arte, Letteratura, Favole, Canzoni, Mitologia ne sono intrise di testimonianze.
Animale del popolo, di cui la stessa Commedia dell’Arte ne sottolinea i tratti.

Quanto è stato scritto sull’asino!
Pensiamo a Trilussa che, rinnegando una cultura “corrotta”, afferma: “…io grazie a Dio non bazzico stò monno letterato che piagne con le lacrime spremute dal rimario. Io no, son più modesto. Piango de core e resto somaro come prima”. Pensiamo a Giordano Bruno e alla sua Santa Asinità, a Collodi e alla sua favola Pinocchio, a Nicolò Lombardo. A Carducci … tra le cui righe “un asin bigio rosicchiando un cardo rosso e turchino, non si scomodò (al passaggio, a fianco a lui, della locomotiva – simbolo del progresso): tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo e a brucar serio e lento seguitò“.
Pensiamo ai Testi Sacri, di tutte le culture. Pensiamo a Fussli, Goya, Dalì. Alle canzoni popolari, memorie storiche di un tempo in cui la sopravvivenza era legata alla natura e alla sua cura e in cui uomini e animali si scambiavano possibilità grazie ai loro talenti “diversi”.

…quannu me morta mogliama (quando è morta mia moglie)
lu cori mia era chinu i dispiaciri (il mio cuore era colmo di dispiacere)
senza supsiri e lacrimi (senza sospiri e lacrime)
a sugnu jiutu a sottirari (sono andato a sotterrarla)

mo ca me muartu u ciucciu (ma adesso che è morto il mio asino)
sentu nu gran duluri (sento un gran dolore)
ciucciu bellu di stu coooriii (ciuccio bello di questo mio cuore)

(Parte del testo di una popolare canzone calabrese in cui il dolore per la perdita dell’asino, fonte di sopravvivenza e compagno infaticabile durante le dure ore di lavoro nei campi, è più insopportabile del dispiacere per la perdita della stessa moglie).

Pensiamo a:

L’asino che provoca il cinghiale con il suo fallo smisurato nelle favole di Fedro e con grandi orecchie a formar corna … così dicevano di lui le popolazioni ittite.
L’asino umile tra gli umili, cavalcatura di Gesù durante l’ingresso a Gerusalemme.
L’asino con il cui latte venivano creati da Plinio unguenti medicamentosi e la pelle di Poppea diventava morbida e seducente.

L’a-Si No del dubbio! Colui che, dubitando senza vanità, è maestro nell’insegnarci a vivere senza pregiudizi, a prendere con determinazione e a saper rinunciare, a volte, cercando la vera misura. Sì, credo proprio che se mai vi sia una creatura che rappresenti egregiamente il senso del dubbio, questa è proprio l’asino. L’asino simboleggia l’essenza stessa del dubbio. L’umiltà del dubbio e non la vanità dello stesso. E mica “ciuccio” era Pessoa quando affermava che: L’anima che si risveglia per un dubbio è certamente migliore dell’anima che dorme sicura di sè!
Così come Montaigne, che diceva: “C’è forse qualcosa di più deciso, sdegnoso, contemplativo, grave, serio come l’Asino?

Asino simbolo del cambiamento, della metamorfosi: Pinocchio al quale crescono orecchie asinine, Lucio – nel capolavoro di Apuleio – che si trasforma in asino…

Per non parlare, poi, dei detti popolari:

“Non si conosce bene un amico se non dopo averci lavorato insieme”
(“con” l’asino ore di duro lavoro condivise).

“Val più un asino vivo che un dottore morto”
(“con” l’asino per assicurarsi la sopravvivenza).

“Meglio un asino vivo, che un cavallo che butti in terra”
(“con” l’asino per imparare ad accogliere quanto di bello si ha, senza desiderare il superfluo. Asino=anime semplici).

“Ô ricco lle more ‘a mugliera, ô pezzente le more ‘o ciuccio”
(“con” l’asino-compagno).

“Il foraggio, il bastone ed il carico spettano all’asino. Il pane, la punizione e il lavoro al popolo”
(Asino=popolo. Animale dall’enciclopedica e misteriosa ignoranza!).

Guarda…un ciuccio che vola!
(…eppure a volare è Pegaso, il cavallo alato! Forse il detto stà a significare che volare si può, anche solo con l’immaginazione. Sognare, sperare. Intravedendo cose che non vedremmo altrimenti!).
Se questo è il senso … sì … io li vedo gli asini volare!

Si sarebbe dovuto estinguere, dicono gli esperti ma è ancora qui (oggi: asino-maestro, asino-dottore…)!
Rimasto in vita nelle memorie di chi è cresciuto aggrappato alla sua coda e in bilico sul suo basto! A ricordarci che attraverso il sacrificio, l’umiltà, il buon senso … è possibile attuare un sano cambiamento (non a caso ne partecipa la simbologia), per il nostro benessere e di chi ci stà a fianco.
Significativa, a proposito, è l’immagine che spesso si trova dell’asino che suona, con lo sguardo rivolto al cielo, la lira o il tamburo (entrambi costruiti con la sua stessa pelle).

Sì, quanto è stato scritto sull’asino! E la lista potrebbe essere infinita.
In ogni epoca e in ogni luogo l’asino è stato fonte di ispirazione per descrivere i tratti più vari del genere umano. In periodi tanto diversi gli son stati riconosciuti quei vizi e quelle virtù che comunque, in ogni tempo, fanno dell’uomo un Essere “NORMALE”!

All’asino è toccata, negli ultimi anni, l’etichetta del diverso perché da sempre stigmatizzato come espressione della stupidità. Quello di essere un animale di secondo ordine. Oggi, però, c’è chi torna a prendersi cura dell’asino (che c’e’ in lui). Chi ci cammina insieme! Accettando il suo essere diverso da chi galoppa a briglie sciolte … (il destriero)! Diverso perché riflette su tempi e modi armonici. Diverso quindi prezioso, arricchente. Sedotto dall’asino (se-durre: portare fuori da se) perché vi si riconosce e nutre il desiderio di non rincorrere più i tratti irraggiungibili dell’uomo ma di recuperare quelli tralasciati per ridargli dignità. Per risuonare nella normalità, nella leggerezza, nella goffaggine, nella lentezza, nel dubbio, nell’errore.

Mi piace perciò pensare che rivalutare l’asino è, per chi ne resta sedotto, il riscatto del pregiudizio legato all’asino e del pregiudizio legato alle “diversità”, alle “minoranze“.

L’asino accoglie ed ha forza sui feriti (chi coltiva idee diverse dalla massa preferendo il cardo, chi china il capo per necessità e non per vergogna o scarsa dignità, chi annusa e poi sceglie e quando sceglie è determinato, non cocciuto).

Asini e persone, quindi, insieme in cammino. Che rinnovano il patto con la bellezza (la bellezza del somaro!), rinnovano la forza e ragliano! Un raglio di pancia, espressione di un bisogno e della volontà di voler dire … insieme. (Come Pinocchio che disperato a causa delle nuove orecchie d’asino le copre con un cappello e ritorna a ridere, per un attimo, solo quando si trova di fronte l’amico Lucignolo che ha sul capo le sue stesse orecchie lunghe. Capisce in quell’istante di non essere solo e non si vergogna più di sentirsi “diverso”).

Chiudo gli occhi e magicamente ascolto … uomini che ragliano al mondo la loro identità!
IO-oooooooooooo……………..

Roberta Viggiani
(Presidente dell’Associazione Movimento Zoè –
Esperta in Zooantropologia Didattica e Assistenziale)

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Fondazione Roma Sapienza, “Arte in luce” X edizione

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