“Fumo, sudore: alle tre del mattino l’odore di un casinò dove si gioca forte è nauseante.(…) Di fatto, il logorio interiore tipico dell’azzardo – un misto di avidità, paura e tensione – diventa intollerabile. I sensi si risvegliano e si torcono per il disgusto”. Sono le prime frasi di Casino Royale, un romanzo scritto in poche settimane da Ian Fleming nei primi mesi del 1952. L’atmosfera ricreata, come il fumo e il sudore, penetrano fin da subito nelle narici del lettore, che avverte quasi un senso di claustrofobia e pare sentire il movimento delle fiches, il tintinnio della roulette che gira, i merci monsieur dello Chef de partie.
Dalla penna di Fleming nasce James Bond, nome in codice 007, impegnato nel romanzo di esordio a combattere contro l’antagonista Le Chiffre in una partita a Baccarat giocata fino all’ultima fiche.
Passeranno dieci anni e l’agente segreto si sposterà dalla pagina scritta alla pellicola cinematografica presentandosi al mondo in smoking nero, seduto al tavolo verde del circolo londinese “Le Cercle”. Gioca forte e vince ai danni di una avvenente signora; poi apre il suo portasigarette d’argento, ne porta una sulle labbra e pronuncia la frase più celebre: “Mi chiamo Bond, James Bond”.
Ancora oggi gli spettatori ascoltano il nome dell’agente doppio zero con lo stesso suono e con la medesima fascinosa carica di quella prima presentazione.
In occasione del cinquantesimo anniversario della prima pellicola, celebrato con l’uscita del film Skyfall, diretto dal premio oscar Sam Mendes con Daniel Craig e Judi Dench, cercheremo di capire le ragioni di questo successo così longevo con uno dei massimi conoscitori al mondo della spia britannica e presidente dell’associazione “Le Cercle” che raccoglie gli estimatori di 007 di tutta Italia: Ilario Citton.
Ilario Citton sto pensando ad un buon Vesper cocktail, quello inventato da Fleming per James Bond: tre parti di Gordon’s, una di Vodka e mezza di Kina Lillet, agitato nello shaker e servito ben ghiacciato con una sottile scorza di limone. Per un buon cocktail servono gli ingredienti giusti ed una sapiente preparazione. Quali sono secondo lei quelli che hanno determinato il successo della saga di 007.
Gli stessi del Vesper. Quando lo bevi non ti dimentichi più di lui. I film di Bond sono così. Li guardi e li riguarderesti mille volte. Hanno da sempre tre fondamentali ingredienti, ovvero: un cattivo da uccidere, tanta azione e una Bond Girl estremamente affascinante. Ricordiamoci però che senza i romanzi di Ian Fleming i film di James Bond non esisterebbero.
Un eroe moderno che ha attraversato mezzo secolo di storia, durante il quale il mondo è radicalmente cambiato. Come pensa si sia adattato James Bond? E perché viene sentito ancora attuale dal pubblico di tutto il mondo?
Bond è ancora attuale dopo cinquant’anni, e ha resistito ai tanti cambiamenti culturali, sociali ed economici, perché i produttori hanno sempre investito in prima persona, avvalendosi di grandi professionalità sia nelle sceneggiature, con Richard Maibaum, e nelle scenografie, con Ken Adam, sempre ricche di colpi di scena e straordinariamente belle in termini visivi. Ma il segreto sai qual’è? La capacità di adattare un eroe della guerra fredda ai gusti del pubblico, portando al cinema milioni di giovani, senza perdere i vecchi fan che ne decretarono il successo dal 1962 in poi.
Skyfall, caduta dal cielo, che idea si è fatto del film? Le è piaciuto?
Skyfall è il film del vero James Bond. Vero perché è stato riportato il personaggio in una dimensione “umana”, lasciando perdere quell’aspetto fumettistico e giocoso di molti film di Moore e Brosnan. Skyfall è un vero e proprio terremoto, uno spartiacque inesorabile e glamour, dove si vede in azione un James Bond vestito con abiti stile anni ’60, ma perfettamente calato nella più assoluta modernità. Lo 007 di Daniel Craig lo potresti incontrare per strada e fartelo amico, tanto è normale. Un grande film d’autore. Sceneggiato con estrema cura, diretto da un grande regista, Sam Mendes, che ha riletto il mito facendo felici i fan con molti richiami ai vecchi film di 007.
Da Bond ci si aspetta comportamenti derivanti da un profilo caratteriale certo, sicuro, senza tentennamenti, insomma un personaggio “piano” ben caratterizzato. Invece in Skyfall la naturale sicurezza di 007 ha dei momenti di cedimento. Bond è più introspettivo, meno sicuro, non sa se fidarsi e soprattutto di chi fidarsi. In sintesi, la storia ci restituisce un personaggio “circolare” che solo nel corso del film recupererà le sue certezze e capirà da che parte stare. Un percorso emotivo che rende l’agente segreto, come diceva lei, più umano e meno fumettistico. Qual è il suo pensiero su questa svolta narrativa?
Skyfall ci riporta James Bond in una dimensione classica, dove c’è la storia al centro di tutto. Si vede la Scozia, le origini del personaggio, c’è molta Londra, si vede la casa di M, in realtà la casa di John Barry (un omaggio di Eon Production al grande compositore), Bond è smarrito e sofferente come nel romanzo “Si vive solo due volte”. Skyfall è un grandissimo successo, non solo al botteghino (scommetto che arriverà ad incassare quasi un miliardo di dollari), perché coinvolge ed emoziona chi lo vede. Esci dal cinema con la voglia di tornare a rivederlo al più presto.
Parlando di 007 non si può non pensare a tante fascinose donne, a splendide auto e ad uno stile impeccabile. Come icona britannica 007 rispecchia il perfetto gentleman inglese. Il primo regista Terence Young chiamò il suo sarto Anthony Sinclair per vestire Sean Connery, facendolo addirittura dormire con lo Smoking per abituarlo ad indossare l’abito con naturalezza. Cosa ne pensa dello stile di Daniel Craig? E più in generale, al di là degli sponsor, il Bond del XXI secolo può essere ancora un modello di buon gusto?
James Bond è un’icona assoluta. Anche con il Bond di Daniel Craig, criticatissimo all’inizio per la totale ineleganza, in Skyfall ho visto un netto miglioramento in tal senso. Gli abiti di Tom Ford sono bellissimi e molto glamour. Verranno imitati e acquistati da tantissime persone perché hanno linee moderne e sobrie, oltre ad essere quelli indossati da 007. Bond è l’unico eroe alla vecchia maniera che, come ha detto recentemente il mio amico Maurizio Marinella, indossa ancora una cravatta.
Lei è l’ideatore e presidente di Le Cercle, club che raccoglie gli estimatori italiani di 007. Ha avuto modo di chiarire in altre occasioni che non si tratta di un vero e proprio fan club ma di un movimento culturale. Può spiegare ai nostri lettori che cosa è Le Cercle?
Le Cercle è un club british style a tutto tondo, dove in ogni attività proposta il protagonista assoluto è l’associato. Mi piace coinvolgere i nostri soci in eventi “emozionali”, dove poter ripercorrere le gesta di James Bond, come giocare a golf o guidare un Aston Martin. Il british style è una condizione mentale ma è anche un atteggiamento personale. Si sceglie e ci si sente di essere persone di stile, e non viceversa. Ecco perché ho fatto realizzare da Maurizio Marinella una cravatta regimental con i colori della Union Jack che è divenuta il simbolo del nostro club.
Quali sono i prossimi progetti e le iniziative di Le Cercle?
L’ 8 dicembre chiuderemo l’anno a Villa Erba sul Lago di Como. Saremo ospiti nello spazio di LIVEIN magazine, curato dal suo editore Matteo Tornielli. Lì parleremo ancora di Skyfall e pianificheremo assieme il 2013 di Le Cercle.
Diego Pirozzolo