Giunta al suo sesto film come regista, Nicole Garcia ha optato qui per una messa in scena priva di ogni sospetto di eloquenza e giudiziosamente funzionale al racconto, un mélo sonnambolico costruito intorno a un intrigo romanzesco, una sorta di thriller psicologico condotto secondo cadenze ipnotiche, dilatate (il modello dichiarato è La donna che visse due volte di Hitchcock), non privo talora di passaggi avventati (i richiami alla guerra d’Algeria), ma capace di accenti intensi, da suggerire una discendenza da originali illustri: Sautet soprattutto, ma anche Téchiné e il Lioret di Mademoiselle.
Il film descrive un laborioso percorso di riappropriazione del proprio tempo perduto. Marc trascorre un quieto e malinconico tran tran quotidiano (una bella moglie, una figlioletta adorabile, una villa con piscina, una prospera attività di agente immobiliare). All’improvviso l’incontro con una donna – una figura che riaffiora da un tempo (l’infanzia) e un luogo (l’Algeria) lontani – arriva a sconvolgergli l’esistenza, facendo emergere memorie rimosse, ferite segrete, mal cicatrizzate. Convinto di riconoscere nella donna l’amore infelice dei suoi 12 anni, Marc sarà spinto a compiere un viaggio nel cuore del proprio passato, un viaggio doloroso durante il quale rischierà di smarrirsi. Il finale è enigmatico nel suo inaspettato anticlimax. “Mi sono perduto”: sono le ultime parole sussurrate dal protagonista. Il quale, giunto al termine del suo accidentato percorso interiore, è riuscito, forse, a riconoscersi e ritrovarsi.
Il disegno della cornice ambientale provenzale e borghese entro cui si dipana la vicenda è forse il titolo di maggior pregio della pellicola. La Garcia sa restituire, per pochi cenni incisivi e fulminanti (e anche qui si coglie l’inclinazione a Sautet), l’atmosfera accidiosa e fiammante, di renoiriana indolenza e sensualità del Midi francese. La qualità del film andrà ricercata anche nella prova degli interpreti, dove, accanto a comprimari di lusso (Sandrine Kuberlain, Claudia Cardinale, Toni Servillo, Michel Aumont…), si segnala un memorabile Jean Dujardin, chiamato qui a misurarsi su un registro drammatico per lui inconsueto. Al suo fianco, una Marie-Josée Croze ambigua e sfuggente, divisa tra verità e menzogna.
Resta da dire dei flashback che rievocano l’idillio infantile tra Marc e la piccola Cathy. Qui la messa in scena perde indubbiamente di forza e almeno a tratti non sembra discostarsi da certa sciatteria televisiva, tanto da ingenerare il sospetto che, a differenza dell’eroe del film, gli autori del racconto (sia la Garcia che lo sceneggiatore Jacques Fieschi sono nati proprio a Orano) facciano ancora fatica a misurarsi con i propri privati fantasmi e con quelli della storia.
Nicola Rossello
Scheda film
Titolo: Un balcon sur la mer (tit. originale) – Tre destini, un amore
Regia: Nicole Garcia
Cast: Jean Dujardin, Marie-Josée Croze, Tony Servillo, Sandrine Kiberlain, Michel Aumont, con la partecipazione di Claudia Cardinale
Durata: 105 minuti
Genere: Drammatico
Data di uscita: 2011