Nicola Barré nasce ad Amiens, una cittadina della Francia, il 21 ottobre 1621 da una famiglia agiata. I genitori profondamente cristiani e molto devoti, impartiscono una buona educazione ai cinque figli nati dal loro matrimonio. Delle quattro femmine, una, Ludovica, abbraccerà la vita religiosa nel secondo Ordine dei Minimi e Nicola diventerà religioso minimo.
Dopo aver studiato nel collegio dei Gesuiti, a 18 anni Nicola accoglie la chiamata di Gesù, lascia tutto per seguirLo. Sceglie i Minimi di San Francesco di Paola, forse perché affascinato dalla figura dello zio Minimo e dagli stessi frati che ad Amien vivono vicino alla gente.
Nel settembre del 1646 Nicola è ordinato sacerdote.
I suoi superiori riconoscono da subito le capacità culturali, intellettive e umane di Padre Nicola e gli affidano diversi incarichi: insegnamento, predicazione, direzione spirituale. Gli viene anche chiesto di curare una delle più importanti biblioteche di Parigi, luogo d’incontro dei sapienti del tempo.
Intanto nel pieno delle attività pastorali e culturali Padre Barré è colto da un forte esaurimento causato sia dall’intenso lavoro, che dalle penitenze a cui si era sottoposto. Conosce la notte oscura. I superiori decidono di trasferirlo al convento di Amiens per farlo ritemprare all’aria nativa e lì vi rimane come sacrista per due anni. In questo periodo di prova fa un incontro particolare con Dio. Ritemprato da Amiens, viene trasferito a Rouen, in un quartiere popolare. Lì conosce la realtà dei quartieri popolari, incontra la difficile vita dei bambini e degli adolescenti che invecchiano prima del tempo. La condizione dell’infanzia nel Seicento è veramente penosa. I bambini per lo più sono costretti a lavorare e a rubare per sopravvivere.
Durante un periodo di carestia e di epidemia, molto frequenti nel secolo XVII, mentre molte persone si danno da fare per dare da mangiare agli affamati e curare gli infermi, Padre Barré arriva a dire che il bisogno principale è un altro: quello dell’educazione e dell’istruzione. Questa tragica miseria, infatti, lo sconvolge e lo fa riflettere: “Come troveranno un senso alla loro vita se non hanno una formazione spirituale e umana?”. Nonostante fosse monaco e prete da diversi anni, aveva fatto un incontro nuovo con il Signore, aveva scoperto un volto nuovo di Dio. Dio che è tanto grande, trova la sua gioia in mezzo ai piccoli e per avvicinarsi per sempre ai più piccoli, ai più fragili tra gli esseri umani, si è fatto non solo uomo ma bambino. È da questa coscienza che nasce l’impegno educativo di Padre Barré, dalla certezza che istruire ed educare è cosa ben più grande che abbellire e adornare una cattedrale, perché è preparare nelle persone la dimora di Gesù.
Ben presto alcune ragazze si uniscono a Padre Nicola, vanno di casa in casa per raccogliere i bambini e iniziano così ad insegnare loro a leggere e a scrivere. Così nel 1662 apre la prima Scuola presso Rouen; a questa ne seguiranno altre.
Ufficialmente le Scuole di Padre Barré erano denominate Scuole caritatevoli del Santo Bambino Gesù. Le Scuole erano gratuite, in modo che i bambini, imparando a leggere e a scrivere, potessero meglio amare Dio, conoscere e praticare in tutta la loro vita le virtù cristiane e influire sensibilmente nella condotta morale delle proprie famiglie.
Padre Barré ha formato le sue maestre sia sotto l’aspetto psicologico che pedagogico.
In un suo scritto si legge: “Le maestre caritatevoli per riuscire devono avere tre doni: 1) Il discernimento dei bambini e delle persone che istruiscono, in modo da fare crescere ciascuno secondo il proprio talento; 2) Un grande amore per le anime, ma un amore soprannaturale e di grazia verso le persone di cui si occupano, facendo e agendo come le madri, che soffrono tutto e dimenticano se stesse per i propri figli, e non trascurano nulla di ciò che è vantaggioso per loro; 3) Un gemito interiore davanti a Dio, per ottenere le grazie e i doni dello Spirito Santo, necessari a loro stesse, alle persone che vogliono conquistare e santificare”.
Riguardo al metodo, una costante importante per lui è la dolcezza, che non esclude la fermezza in un secondo momento, ma che è indispensabile per entrare in relazione: “È necessario insinuarsi nelle anime con dolcezza per conquistarle”, l’autoritarismo non costruisce, neanche a fin di bene.
Umiltà e dolcezza sono atteggiamenti fondamentali dell’educatore, poi la pazienza. La maestra deve essere nelle mani di Dio come un pennello nelle mani di un pittore e come una penna nelle mani di uno scrittore.
Un atteggiamento fondamentale del Barré è il disinteresse. “Le maestre eserciteranno la carità, con perfetto disinteresse …”. Non tengono conto né dei talenti né delle diverse disposizioni, buone o cattive, di coloro che istruiscono. Padre Barré parla di “puro amore” per indicare questo servizio totalmente disinteressato.
C’è poi una dimensione molto importante che Padre Barré chiede alle sue maestre ed è l’unità tra loro. Dice alle maestre che l’impegno maggiore per loro sarà essere unite: ricorderà, citando San Paolo, che “la carità è il vincolo della perfezione”.
La fede, la carità sono le virtù dell’educatore ma soprattutto la speranza; niente è impossibile a Dio.
L’opera di Padre Barré è attraversata da una categoria importante ed è la categoria della notte. L’educatore è uno che cammina nel buio, che attraversa la prova, la difficoltà, l’insuccesso; Nicola Barré ha sperimentato nella sua vita che la luce nasce dalle tenebre e osa affermare che “Questa notte è uno splendido giorno”.
Educare ed istruire sono davvero una grande vocazione che riempie il cuore di gioia.
Dato il lusinghiero risultato, nel 1666 riunisce le maestre in Comunità e fonda la Congregazione delle Suore del Bambino Gesù.
Oggi le Suore del Bambino Gesù sono presenti in quasi tutti i Continenti, cercando di vivere il Carisma consegnato da Padre Barré, con particolare attenzione ai semplici e a chi fa più fatica a scoprire Gesù nella propria vita, coscienti che nelle difficoltà, nei fallimenti, nelle sofferenze si nasconde uno splendido giorno.
Sr Francesca Cozza (SBG)