In tutte le lingue ci sono parole la cui derivazione etimologica costituisce un vero e proprio rompicapo. È il caso del verbo italiano abbacàre [ab-ba-cà-re] (aus. Avere), un termine lemmatizzato come verbo intransitivo, per lo più, con la qualifica di ‘obsoleto’, in quasi tutti i buoni dizionari della lingua italiana, dal Vocabolario della Lingua Italiana della Treccani (che però lo esclude da ‘Il Conciso’), al Wiktionary della rete Internet, da quello redatto da Ottorino Pianigiani (Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, Letizia editori, Genova, 1988; Prima edizione Firenze 1907) al Dizionario della Lingua Italiana di Gabrielli Aldo, editore Hoepli, dai Vocabolari degli Accademici della Crusca, al dizionario del Tommaseo.
Lo stesso termine si ritrova anche in alcuni dialetti dell’Italia meridionale. Per la Calabria esso è registrato in Gerhard Rohlfs, Dizionario dialettale delle tre Calabrie, Brenner, Cosenza 1968.
Per tutti si tratta di un verbo intransitivo per alcuni poco usato, per altri non comune, per altri antico, e i significati riscontrati sono:
(in senso proprio) calcolare, fare calcoli, (obsoleto) esercitare l’arte dell’abaco, (ant.) fare i conti, conteggiare;
(in senso figurato) scervellarsi, rimuginare su qualcosa, armeggiare (nel senso di avvilupparsi e confondersi parlando; darsi da fare senza alcun profitto; considerare, giudicare, lasciarsi trasportare dall’immaginazione, fantasticare, fantasticare senza proposito, vaneggiare, almanaccare; stare in ozio, avere tempo libero, avere voglia (raro) placare; intendersela con qualcuno.
L’espressione ‘questo pensiero frulla dentro di te’, che equivale a ‘questo pensiero ti logora dentro’, detta utilizzando il termine in questione sarà ‘tu abbàchi con questo pensiero’, detto in forma impersonale ‘ti cci abbàca con questo pensiero’, espressione, quest’ultima, corrispondente a quella dialettale in forma assoluta, diffusa nel cosentino ti cci abbàca (=non ci perdere la testa), che presuppone un infinito abbacàrcisi o abbacàrvisi.
Probabilmente è la polisemia di questo verbo a decretarne lo scarso uso.
Prima di esprimervi il mio pensiero sull’origine di abbacàre, dico di evere riscontrato in alcuni degli autori citati le seguenti derivazioni, mentre in altri mancano del tutto:
1 – da àbaco o àbbaco (latino. àbacus , greco àbax, gen àbakos)
2 – dal latino *vacus per vacuus
3 – etimo incerto
4 – richiama nel senso e nel suono il termine arabo bakala che significa ‘si confuse parlando’ (si veda in Pasquale Borrelli, Intorno ai principi dell’arte etimologica, Fraltelli del Mujno, 1834).
L’incertezza e la confusione riguardo all’etimologia del termine abbacàre mi ha spinto ad indagare e ad esprimere qui il mio pensiero sull’argomento.
Il mio discorso parte da una radice in indoeuropea che designa specificatamente la parola come indipendente da chi la proferisce, e non in quanto significa, ma in quanto esiste (Émile Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni europee, Einaudi, Torino 1976, vol. II, pp. 348 e ss). Questa radice è *bhā-, che è collegabile al latino fari (=parlare) ed al greco phēmi (=parlare) ed indica in modo assoluto la parola, cioè qualcosa che esiste ma che è vuota di significato. Se a questa radice si aggiunge un’altra radice indoeuropea *kwri (Émile Benveniste, cit., vol. I, pp. 54-55), che ha il significato di movimento circolare, si ottiene *bhā kwri , che significa movimento circolare di parole vuote di senso, cioè ‘rivolgere in tutti i versi una parola, un qualcosa, un pensiero’, quasi un ‘frullare continuamente, in maniera ossessiva, una stessa parola, uno stesso pensiero’, o anche un ‘delirante parlare a vuoto’, ‘un vaniloquio’, e per estensione ‘lo scorrere vuoto del tempo’.
Da *bhā kwri si arriva alle forme verbali latine e poi italiane vacàre (=essere o stare vuoto, libero, non occupato) e bacàre (=il guastarsi per opera dei bachi, fare il vuoto bacando; in senso figurato: guastare moralmente, guastarsi il cervello con ossessive idee storte e sbagliate), e quindi alla formazione di abbacàre previo un probabile passaggio intermedio in cui forme come *ad vacare o *ab vacare e *ad bacare o *ab bacare, si sono fuse in seguito all’assimilazione di ad o di ab con la consonante seguente.
A *bhā kwri sono, quindi, da ricollegare, a mio avviso, anche l’italiano àbaco (sost., tavoletta rettangolare che gli antichi usavano per eseguire i calcoli), l’italiano baco (sost., verme che produce la seta e che si nutre mangiando, cioè annullando, la superficie delle foglie del gelso) e l’italiano vacuo (agg., vuoto).
Rinaldo Longo