Yves Saint Laurent è incentrato sul sodalizio artistico e sentimentale tra il celebre stilista francese e Pierre Bergé, suo collaboratore nonché compagno di vita. È questo il centro narrativo del film, cui ogni altro elemento è sottomesso.
La voce narrante fuori campo è quella dello stesso Bergé. Abbiamo dunque un punto di vista interno al racconto, che conduce la storia con un approccio per forza di cose ambiguo, forse inattendibile, sicuramente di parte.
Ne emerge la cronaca di una relazione omosessuale complessa e contraddittoria, di cui non vengono taciuti i lati oscuri e paradossali (gelosie, tradimenti); un rapporto di coppia “trasgressivo”, imperniato sul gioco degli opposti: da un lato, un personaggio schiacciato da impulsi autodistruttivi: un artista difficile e tormentato, che associa a una febbrile attività creativa la pratica dell’eccesso, della sregolatezza, della dismisura (uso smodato di alcol e di droghe, promiscuità sessuale), che denunciano il vuoto di discernimento e di buonsenso del personaggio, la sua estraneità alle cose prossime, quotidiane, l’insicurezza morbosa, la fragilità caratteriale; dall’altro, una figura lucida, pragmatica, determinata, che viene a svolgere, nei confronti del partner, un ruolo oltremodo protettivo, rassicurante propositivo, consentendogli di far emergere il proprio straordinario talento.
Il film paga indubbiamente il proprio tributo al mito romantico dell’artista maledetto, il cui privato doloroso (rovelli esistenziali, nevrosi, intemperanze, stravizi) viene esposto in bella mostra quasi si dovessero ravvisare in esso, e solo in esso, i segni di riconoscimento del creatore di genio – il quale, secondo un pregiudizio oggi fortemente radicato, non può essere che un “diverso”, un “fuori norma”.
Jalil Lespert segue lo sviluppo della carriera di Saint Laurent, ne descrive l’irresistibile ascesa dall’apprendistato con Christian Dior alla creazione della propria maison, sino alle grandi sfilate degli anni Sessanta e Settanta – celebre il lancio della collezione “Mondrian” – che consacrarono definitivamente la cifra dello stilista nel mondo dell’alta moda. Ma poco o quasi nulla ci viene detto dell’originale linea di ricerca di Saint Laurent, della portata innovativa che caratterizza il suo fare creativo.
Attore di solido mestiere (per Cantet, Jacquot, Resnais, Guédiguan, Beauvois…), giunto qui alla sua terza prova dietro la macchina da presa (ma le sue precedenti regie non hanno lasciato una traccia indelebile…), Lespert ha realizzato una pellicola lineare, piattamente e banalmente illustrativa, ancorata a moduli convenzionali prevedibili. Le singole scene si snodano nel complesso del racconto con una sorta di svagata e zoppicante indolenza, rinunciando a guizzi, sussulti, scelte ardite (eppure si parla di una passione “trasgressiva”…), dove la stessa vena contemplativa ed estetizzante da cui il regista sembra talora lasciarsi prendere la mano (verso gli abiti, gli arredi, i corpi degli attori) non arriva mai a tradursi in una scelta espressiva convincente. L’apporto, in sede di sceneggiatura, di un nome blasonato come quello di Jacques Fieschi, non ha dato questa volta i frutti sperati.
A salvare la pellicola restano le buone prove dei due interpreti principali: Pierre Niney, eccellente nel gioco mimetico con cui ha saputo aderire al suo personaggio; un misurato e sorprendente Guillaume Gallienne, che adotta qui uno stile di recitazione lontanissimo dalla performance esibita in Tutto sua madre.
Nicola Rossello
Scheda film
Titolo: Yves Saint Laurent
Regia: Jalil Lespert
Cast: Pierre Niney, Guillaume Gallienne, Charlotte Lebon, Laura Smet, Marie de Villepin
Durata: 107 minuti
Genere: Drammatico
Distribuzione: Lucky Red
Uscita: 27 marzo 2014
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