La Fondazione Stelline di Milano propone una mostra dedicata all’arte tessile.
L’esposizione, aperta al pubblico dal 17 dicembre 2015 al 14 febbraio 2016, offre l’opportunità di ammirare 80 opere provenienti dalla collezione Canclini, storica azienda familiare che da 90 anni produce ed esporta tessuti in oltre 100 Paesi nel mondo.
Curata da Chiara Gatti, la mostra, attraverso un’attenta selezione di opere di arte antica e contemporanea, permette ai visitatori di compiere un viaggio evocativo nel mondo dell’arte tessile, in grado di spiegare come l’intreccio, la trama, l’ordito o la materia prima, come seta, lana e cotone, siano diventati protagonisti di un vero e proprio linguaggio espressivo.
L’esposizione affianca 40 esemplari di arte antica, tribale o esotica, legati a civiltà di epoche e geografie diverse, precolombiane, mediorientali, asiatiche o africane, a 40 opere di arte contemporanea, firmate da artisti come Alighiero Boetti, César, Christo, Christian Boltansky, Maria Lai, Jannis Kounellis, Jorge Eielson, Hermann Nitsch, Lucy+Jorge Orta o Yayoi Kusama.
Lo scopo è indagare e raccontare per tappe quel legame innato, dai risvolti antropologici, che sembra fluire in sottotraccia fra passato e presente, dimostrando un amore condiviso dagli artisti per la trama e l’ordito come elementi di un linguaggio espressivo parallelo.
Giochi di geometrie, ritmi alternati, labirinti di colore, motivi, sequenze, scacchiere, fasce, nodi e ricami tornano come tracce di un pensiero inconscio nelle tessiture primitive così come nelle riflessioni estetiche del Novecento.
Basti accostare i reticoli di Piero Dorazio, degli anni Sessanta e Settanta, ai famosi “molas”, i quadri di tessuto ricamati dalle donne indios Kuna di Panama, per capire l’affinità. Oppure i fagotti di Kimsooja, l’artista di origine coreana che porta avanti da anni una ricerca sul tema del viaggio, inteso come processo migratorio, con i bauli di lana e cotone Shahsavand dell’Azerbaijan, usati dai pastori nomadi d’Oriente fra Sette e Ottocento.
Celebre il caso delle sequenze di parole cucite, per Alighiero Boetti, dalla bottega di ricamatrici afgane della sua factory mediorientale, abbinate qui alle stesse sfumature dei Kelim Golbarjasta o dei tubeteika, i copricapi dell’Asia Centrale, indossati nel Turkestan occidentale. I nodi in tessuto di jeans del peruviano Jorge Eduardo Eielson ci riportano alla simbologia del “quipu” nell’impero Inca: il nodo come lingua, metodo di scrittura e contabilità, per misurare il tempo nei calendari, stilare censimenti. Stimolante, ancora, è il raffronto fra le tele di juta grezze attraversate dai segmenti ritmici di Giorgio Griffa e gli Ikat dell’Uzbekistan; essi spartiscono la medesima scansione, un senso analogo di gestione dello spazio, cadenzato dai colori, come fossero frequenze del suono.
Arricchiscono il percorso espositivo documenti d’archivio, rari esemplari di campionari d’epoca, oggetti e strumenti di lavoro divenuti icone di un mestiere radicato nella storia dell’uomo fin dalle origini.
Il titolo della mostra, Essere è tessere, è la citazione di un progetto ambientale di Maria Lai, ideato per il paese di Aggius.
L’esposizione, accompagnata da un catalogo pubblicato da Silvana Editoriale, è promossa dalla Fondazione Stelline, con il supporto di Canclini Tessile spa e con il patrocinio della Regione Lombardia, Comune di Milano, Città Metropolitana di Milano, la Camera Nazionale della Moda Italiana, Sistema Moda Italia e Fondazione Industrie Cotone e Lino.