Un procedimento linguistico rigoroso e radicale quello adottato da Laszlo Nemes (lunghi piani-sequenza con il protagonista costantemente in primo piano, chiuso dentro un formato “asfissiante” 1.33:1), che, in altre circostanze, utilizzato da altri cineasti, si è talora dimostrato un espediente gratuito, tale da generare fastidio nello spettatore, ma che qui invece si rivela una scelta formale in sintonia con l’assunto principale del film.
Il quale film, più ancora che interrogarsi sulla liceità della rappresentazione dell’indicibile (l’orrore dei campi di sterminio), questione annosa a cui si sono volute fornire negli ultimi decenni le risposte più disparate, mira a restituire lo stato di alterazione psichica in cui sembra essere precipitato Saul, un ebreo ungherese internato ad Auschwitz, che, costretto per poter sopravvivere a farsi complice dei carnefici, ha subìto una sorta di ottundimento, di atrofizzazione della propria sensibilità percettiva (innanzi tutto visiva, ma, si direbbe, anche acustica, tattile, olfattiva…).
Saul vive immerso nella disumanità di Auschwitz, da cui istintivamente cerca di ritrarsi creando tra sé e l’inferno del lager una sorta di filtro, di schermo protettivo. Confinate in periferie in ombra, le immagini dell’orrore, per lui prima ancora che per lo spettatore, diventano allora una cosa altra, confusa, incorporea, sfocata, fuori campo, quasi che davvero quella realtà insostenibile non dovesse riguardarlo. Quello realizzato da Saul è un patetico meccanismo di difesa che dovrebbe consentirgli di conservare un margine di non contaminazione, di integrità. Ma egli è ben consapevole di essere parte attiva, benché involontaria, delle nefandezze a cui assiste. E così il suo “folle”, “insensato” proposito di dare sepoltura religiosa ai poveri resti di un ragazzino ebreo dietro cui egli si ostina a voler riconoscere il figlio che non ha mai avuto, acquista il peso di un gesto di rivolta capace di restituire al protagonista la sua dignità di essere umano: una scelta morale di resistenza, altrettanto giustificata e necessaria della ribellione disperata a cui si votano i compagni di prigionia.
Nicola Rossello
Scheda film
Titolo: Il figlio di Saul
Regia: László Nemes
Cast: Géza Röhrig, Levente Molnar, Urs Rechn, Marcin Czarnik, Todd Charmont, Sandor Zsoter, Jerzy Walczak, Christian Harting, Uwe Lauer, Kamil Dobrowlski
Genere: Drammatico
Durata: 107 minuti
Distribuzione: Teodora Film
Uscita: 21 gennaio 2016
Guarda il trailer