«Io non ritraggo il paesaggio – affermava Mario Giacomelli – ma i segni, le memorie di un mio paesaggio. Un tempo sentivo il paesaggio come un grande reportage, puro, forte, tutto ancora da scoprire, da vivere. Mi sono poi accorto che fotografavo invece la mia interiorità, attraverso il paesaggio trovavo la mia anima» .
Ed ecco le trame tracciate dalla campagna marchigiana tingersi di bianco e di nero, muoversi, volteggiare, scontrarsi, chiuse nello spazio angusto di una inquadratura. Paesaggi mozzafiato ripresi dall’alto, da prospettive insolite, contrasti fortissimi che bucano letteralmente l’immaginario dello spettatore, restituendogli un forte piacere estetico, un appagamento dello sguardo e tanta, troppa, poetica malinconia.
La fotografia di Giacomelli, sia che tratti di paesaggi o di scene di vita quotidiana, ha sempre un potere ammaliante. Quelle tonalità di bianco e nero, quella grana particolare, quei passaggi tra fuoco – fuori fuoco, quelle figure mosse leggermente o in maniera dinamica nell’autore si fanno linguaggio, cifra di stile unica che gli consente di trascendere la semplice raffigurazione della realtà per rappresentare «tracce che sono prove di noi stessi e il segno di una cultura che vive incessantemente i ritmi che reggono la memoria, la storia, le norme del sapere» (Giacomelli).
Al Museo di Roma di Palazzo Braschi sarà possibile visitare una mostra con oltre 200 fotografie in formato originale, in stampe vintage ed autografate dall’autore. La prima antologica a Roma del fotografo di Senigallia, tra i più grandi artisti italiani del Novecento, colui che attraverso il mezzo fotografico ha raccontato la malinconia, la poesia di un territorio e stampato su carta quei ricordi della memoria sotto forma di personaggi ormai entrati nell’immaginario degli amanti dell’arte come “i pretini” festanti sulla neve o gli sguardi di una donna nella serie A Silvia, così intensi, così forti, così meravigliosamente dignitosi, solo per citare alcuni esempi.
In mostra le fotografie più note di Mario Giacomelli, dai primi scatti sulla spiaggia di Senigallia, alla serie dedicata all’Ospizio dal titolo Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi, alla famosa raccolta dei “pretini” classificata con il nome Io non ho mani che mi accarezzano il volto, ai contadini de La buona terra, alle raccolte sulle poesie (A Silvia, Io sono nessuno, Ritorno…).
Curata da Alessandra Mauro, che ha realizzato decisamente un ottimo lavoro, promossa da Roma Capitale, organizzata da Zetema Progetto Cultura e prodotta da Fondazione Forma per la fotografia, in collaborazione con Archivio Giacomelli di Senigallia, la mostra “Mario Giacomelli. La figura Nera aspetta il Bianco” rimarrà aperta al pubblico dal 23 marzo al 29 maggio 2016.
Diego Pirozzolo