Oscura è la stanza, si procede guidati dalla luce appena percettibile di una frase al neon appesa alla parete: Those who Suffer Love, chi soffre per amore. Poche semplici parole illuminate come un’insegna pubblicitaria per richiamare l’attenzione, per indurre lo spettatore a fermarsi.
Sembra una frase che non sta in un luogo, ma in qualche anfratto dell’inconscio, che resta accesa perché tu possa vederla, ricordarti di una ferita che ancor lì, a distanza, attrae e respinge con la forza ammaliante di uno spot senza spegnersi mai: un imprinting.
Pensieri di una tarda mattinata romana al vernissage di “Love. L’arte contemporanea incontra l’amore“, al Chiostro del Bramante in Roma, a cura di Danilo Eccher. In mostra alcuni tra i più rappresentativi artisti contemporanei ed i loro lavori dedicati all’amore.
L’opera in questione è stata realizzata da Tracey Emin. Di fronte ad Emin rifletto sulle gocce che Venere instilla con calma nel cuore fino a riempirlo, deviando la mente e lo spirito verso quell’unico bisogno che è insieme cura e causa del mal d’amore: la persona amata.
Lucrezio aveva ben chiaro il problema, ammonendo i saggi di non sopravvalutare eros, se si desiderava una vita serena. Ma c’è chi non può fare a meno di lasciarsi travolgere, chi si emoziona di fronte a quella parola, magari declinata come Robert Indiana, che compone le quattro lettere di Love in modo suggestivo, con la “o” lievemente inclinata, realizzando un’opera iconica che si fissa nell’immaginario, attaccandosi ad esso in modo indelebile, come il sentimento stesso.
E mentre i pensieri scorrono come una video installazione nella mente, ecco la natura felice di Marc Quinn in Thor in Nenga, con i suoi colorati mazzi di fiori, che cambia la prospettiva, che rimanda ad un’altra idea di sentimento, ma che non nega il senso della fine, del tempo scaduto.
Definirla una mostra è quasi riduttivo, dato che Love diventa un’esperienza, un momento in cui lo spettatore si mette in gioco, interagisce con le opere, si lascia trascinare dalla sensibilità varia degli autori presenti, fino addirittura a farne parte, come nell’ Infinity Mirrored room dal titolo All the Eternal Love I Have for the Pumpkins di Yayoi Kusama. Una stanza nella quale la porta che si chiude ti proietta in un mondo psichedelico, costituito da strane figure simili a zucche gialle luminose riprodotte all’infinito da specchi. Sembra quasi di visitare i propri sogni, di essere presente in una dimensione dove realtà ed immaginazione sfumano: 20 secondi, il tempo in cui rimani chiuso nella room, che durano quanto un’intera notte costellata da oggetti che risalgono dalle profondità dell’anima, mentre il tuo doppio, riflesso in uno specchio, prende posto nella composizione, in una sorta di tableau vivant.
«L’arte è, malgrado tutto, una grande dichiarazione d’amore. Anche quando indossa la maschera severa e barbara di una spietata sperimentazione non riesce a trattenere il brivido sotterraneo dell’emozione», ha dichiarato il curatore nella sua presentazione, spiegando ancora che «parlare d’arte è dunque sempre un parlare d’amore, anche quando questo presenta le smorfie orribili della violenza, della sopraffazione, della crudeltà».
Tra le sale sono presenti opere di Vanessa Beecroft, Francesco Clemente, Nathalie Djurberg e Hans Berg, Tracey Emin, Robert Indiana, Andy Warhol, Francesco Vezzoli, Marc Quinn, Tom Wesselmann, Yayoi Kusama, solo per citarne alcuni.
Un percorso espositivo che tratta eros nelle sue diverse sfumature e nelle sue molteplici declinazioni: un amore felice, un amore travagliato, ancora un sentimento ambiguo ed una passione travolgente, un trasporto innocente e materno e qualcosa d’inatteso, sorprendente, vitale.
Singolarmente ciascuno troverà la propria dimensione, si lascerà guidare dalla personale sensibilità. Ogni opera induce a riflettere, ti emoziona e ti sconforta, ti attrae inesorabilmente e ti conduce sui sentieri di sentimenti felici o perduti, presenti o sospesi nella memoria.
È stato realizzato un’allestimento che pensa lo spazio in modo da favorire l’interazione del visitatore, che può vivere la mostra in modo social attraverso l’hashtag ufficiale #chiostrolove, fotografare ogni opera e lasciarsi fotografare nelle sale e nei corridoi arricchiti con frasi e grafiche, lasciare la traccia del proprio passaggio con dei pennarelli in appositi spazi e seguire l’esposizione con un compagno di viaggio virtuale che racconta le opere esposte. Si può scegliere tra 5 personaggi, ciascuno con una propria personale caratteristica ed inclinazione, in modo da vivere un’esperienza del tutto particolare. I contenuti audio sono stati realizzati da Zeranta Edutainment.
La mostra, che è possibile visitare fino al 19 febbraio 2017, è prodotta e organizzata da Dart – Chiostro del Bramante in collaborazione con Arthemisia Group, con il patrocinio di Roma Capitale Assessorato alla crescita culturale.
Diego Pirozzolo
@diegogen