Palazzo Morosini di Venezia ospita una mostra che racconta, attraverso l’arte della fotografia unita alla pittura, la pratica più misteriosa delle arti marziali e la spiritualità che la contraddistingue: il Sumo.
L’esposizione, dal titolo Kokodé Kamigami, che letteralmente vuol dire “Qui si incarnano gli dei”, resterà aperta al pubblico dall’11 maggio al 16 luglio 2017.
Attraverso 33 opere l’artista giapponese Daimon Kinoshita – incisore di ukiyo-e – e il fotografo francese Philippe Marinig illustrano, tramite la commistione della loro stessa arte, il mondo della forza, dell’intelligenza e dell’accettazione di sé dei lottatori di sumo, i sumotori che diventano rikishi se professionisti.
I due artisti raccontano le origini di questa antica lotta, sport nazionale del Giappone. I contendenti, immortalati nella quotidianità dalla macchina fotografica di Marinig, si allenano nelle heya (le palestre dette anche scuderie) o si affrontano nel dohyo (la zona di combattimento), indossando il mawashi (il caratteristico perizoma) e acconciando i capelli con la oi-cho mage (la particolare crocchia).
Nelle opere in mostra anche la rappresentazione dello yokozuna, il grande campione per eccellenza distinguibile perché durante l’ingresso sul dohyo indossa la pesante corda annodata detta tsuna. E a questa figura è dedicata un’intera sezione che narra il successo del giapponese Kisenosato, il 72° yokozuna in tutta la storia del Sumo, lunga più di 400 anni. Kisenosato, dopo aver vinto il torneo Grand Sumo di Spring 2017, ha raggiunto l’apice del successo a distanza di 19 anni dall’ultimo yokozuna giapponese.
L’esposizione, a cura di Xavier Martel, docente di storia dell’arte del XIX secolo all’Università Paris I, è promossa e organizzata da Generali Italia, in collaborazione con Arthemisia, contestualmente alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.