È dedicata al gioiello contemporaneo la mostra “Corpo, movimento, struttura. Il gioiello contemporaneo e la sua costruzione” che, dal 15 novembre 2017 al 14 gennaio 2018, è aperta al pubblico al MAXXI di Roma.
Giampaolo Babetto, David Bielander, Helen Britton, Peter Chang, Monica Cecchi e Philip Sajet sono i sei designer chiamati a interpretare con nuove creazioni realizzate ad hoc i modelli di Vittorio De Feo, IaN+, Sergio Musmeci, Pier Luigi Nervi, Maurizio Sacripanti e Carlo Scarpa conservati nelle collezioni del MAXXI Architettura.
Sei designer e sei architetti per raccontare il linguaggio comune fatto di rapporti, connessioni, equilibri di pesi e volumi che condividono l’Architettura e il gioiello.
L’esposizione racconta il legame tra piccola e grande scala: i gioielli vengono presentati in mostra insieme ai disegni preparatori e ad apparato documentario che sottolinea il processo di costruzione del lavoro progettuale e l’esecuzione di pezzi unici e serie limitate, completamente differente dalla gioielleria industriale. Allo stesso modo i modelli di architettura sono accompagnati da disegni, fotografie, video che restituiscano il senso dell’intero processo progettuale.
Un gioiello è un oggetto che si presta a molte letture e la prima è tradizionalmente quella estetica, sia per la bellezza dell’opera sia per l’idea del bello che un monile è capace di veicolare e trasmettere. Ma accanto a questo piano, al quale si affianca anche quello antropologico, sociale e culturale, esiste una ricerca strutturale del gioiello estremamente complessa, molto evidente nella produzione contemporanea, in cui più che la preziosità dei materiali, conta la complessità della struttura, l’idea, la forma. Giunti e connessioni contano più dei carati e il disegno trova molti punti in comune con l’architettura, sebbene con finalità e scale diverse.
Corpo, movimento, struttura mette in mostra come architettura e gioiello si relazionano con il corpo in movimento, al quale rispondono con una struttura in grado di “abitarlo” o di fargli abitare uno spazio.
La mostra è a cura di Domitilla Dardi.