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Gravity. Immaginare l’Universo dopo Einstein al Maxxi di Roma

Tomás Saraceno, Aerocene 10.4 & 15.3, 2015, Installation view at Grand Palais, Paris. Courtesy the artist; Tanya Bonakdar Gallery,New York; Andersen’s, Contemporary, Copenhagen; Pinksummer contemporary art, Genoa; Esther Schipper, Berlin. © Photo by Studio Tomás Saraceno, 2015 - Mostra Gravity. Immaginare l’Universo dopo Einstein al Maxxi di Roma
Tomás Saraceno, Aerocene 10.4 & 15.3, 2015, Installation view at Grand Palais, Paris. Courtesy the artist; Tanya Bonakdar Gallery,New York; Andersen’s, Contemporary, Copenhagen; Pinksummer contemporary art, Genoa; Esther Schipper, Berlin. © Photo by Studio Tomás Saraceno, 2015 – Mostra Gravity. Immaginare l’Universo dopo Einstein al Maxxi di Roma

Indaga le connessioni e le analogie tra arte e scienza la mostra che, dal 2 dicembre 2017 fino al 29 aprile 2018 (prorogata fino al 6 maggio 2018), è aperta al pubblico al Maxxi di Roma.
L’esposizione, dal titolo “Gravity. Immaginare l’Universo dopo Einstein ” è curata da Luigia Lonardelli, Vincenzo Napolano e Andrea Zanini con la consulenza scientifica di Giovanni Amelino-Camelia.

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Installazioni scientifiche, reperti storici e simulazioni di esperimenti, come il Cannocchiale di Galileo e lo Specchio di Virgo (l’interferometro laser che capta le onde gravitazionali), dialogano con opere di artisti moderni e contemporanei: da Marcel Duchamp ad Allora & Calzadilla, Peter Fischli e David Weiss, Laurent Grasso, Tomás Saraceno.

La grande e complessa installazione Cosmic Concert di Tomás Saraceno, dove suoni, vibrazioni e segnali visivi interagiscono tra loro e con i movimenti dei visitatori, ingloba l’intero percorso espositivo che esplora tre concetti chiave strettamente connessi tra loro: Spaziotempo, Confini, Crisi.

Allestita nel cuore della mostra, dedicato al tema dello Spaziotempo, Cosmic Concert accoglie reperti storici come una Sfera Armillare del XVII secolo che serviva a studiare le traiettorie dei pianeti o l’edizione del 1632 del Dialogo sopra i due massimi sistemi di Galileo, e strumenti scientifici come il satellite Lisa Pathfinder, di cui è proposto un modello, e la Barra di Nautilus, entrambi utilizzati nella ricerca sulle onde gravitazionali.
In questa stessa sezione anche l’opera di Marcel Duchamp 3 Stoppages étalon in cui l’artista immagina una sua personale unità di misura, riflessione sui parametri con cui l’uomo pretende di conoscere lo spazio e il tempo e dimostrazione di come il pensiero di Einstein abbia da subito influenzato anche l’arte.
Esposto anche il video The Way Things Go di Peter Fischli e David Weiss in cui oggetti di ogni genere, privati della loro originaria destinazione d’uso, diventano protagonisti di un’imprevedibile reazione a catena apparentemente casuale.

Nella sezione Confini viene descritta l’esperienza del limite della conoscenza.
Il suono fossile del Big Bang, eco remota che permea ancora oggi l’universo, è protagonista dell’opera di Laurent Grasso The Horn Perspective: una ricostruzione dello scheletro del radiotelescopio di Penzias e Wilson che quel suono captò all’inizio degli Anni Sessanta, per puro caso.
Questo lavoro costituisce una riflessione su un mondo e un universo impossibili da captare con i nostri soli sensi, e viene esposto insieme al modello del rivelatore AMS (Alpha Magnetic Spectrometer), attualmente in attività a bordo della Stazione Spaziale Internazionale alla ricerca, nei raggi cosmici, di particelle di antimateria primordiale e di possibili tracce di materia oscura.

Il percorso si completa con l’area dedicata alla Crisi, una delle parole più utilizzate nella nostra quotidianità e che, nel campo della conoscenza, ha un valore positivo: solo attraverso la crisi e la messa in discussione delle proprie certezze, infatti, è possibile un cambio di modello e quindi un’evoluzione.
Accanto alla Buca gravitazionale, un exhibit con cui sperimentare le dinamiche gravitazionali, troviamo la video installazione interattiva Curvare lo spazio, in cui il visitatore “entra” nello spaziotempo e, con la sua massa, ne determina la deformazione. Questa ambientazione immersiva ricostruisce due fatti decisivi per la verifica sperimentale della Relatività einsteiniana: l’osservazione, nel corso dell’eclissi solare del 1919, della deflessione gravitazionale della luce e la scoperta, nel 2015, un secolo dopo la loro previsione teorica, delle onde gravitazionali.
Infine, l’installazione video The Great Silence di Allora & Calzadilla, realizzata dagli artisti in collaborazione con lo scrittore di fantascienza Ted Chiang, costituisce una riflessione sul rapporto degli esseri umani con il mondo e con l’universo. Protagonisti il radiotelescopio di Arecibo, uno dei più potenti al mondo, e un pappagallo dalle spiccate capacità di apprendimento, entrambi simboli del tentativo dell’uomo di comunicare con altre specie viventi.

La mostra è accompagnata da un catalogo a cura di Luigia Lonardelli, Vincenzo Napolano e Andrea Zanini, edito da Corraini.

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