Presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma martedì 22 maggio 2018 alle ore 17.30 verrà presentato il libro ” Lina Bo Bardi. Un’architettura tra Italia e Brasile“, a cura di Alessandra Criconia ed edito da Franco Angeli.
Intervengono Maria Teresa Carbone, giornalista e coordinatrice editoriale di Alfabeta2, Claudia Mattogno, architetto e docente alla facoltà di Ingegneria di Roma Sapienza e Filippo Lambertucci, architetto e docente alla facoltà di Architettura di Roma Sapienza.
È una occasione per parlare di un’importante figura femminile dell’architettura italiana del Novecento naturalizzata brasiliana, e al tempo stesso momento di confronto su una visione dell’architettura come bene comune, di cui Bo Bardi è stata sostenitrice.
Figura singolare, ma quanto mai attuale, Lina Bo Bardi è stata partecipe di due modernità dall’una e dall’altra sponda dell’oceano, confluite in una visione “popolare”, e in quanto tale politica, dell’architettura intesa come una sapiente mescolanza di forme e materiali della vita quotidiana, tra rigore razionalista e espressività delle culture particolari, nel solco di un interesse da lei coltivato nel corso dell’intera vita.
In Brasile, Lina elabora la sua poetica dell’ arquitetura pobre: un’architettura semplice che è prima di tutto un’opera collettiva e non soltanto un oggetto artistico. Al centro ci sono interrogativi quali il senso dell’architettura come fatto della società e la missione dell’architetto, intellettuale umanista, che ha il compito di costruire case e edifici per le persone e per farle abitare bene.
Già in Italia, del resto, Lina si era occupata di una forma di architettura vicina alla gente e in particolare alle donne. I progetti di interni pubblicati su Domus e su Stile, la rubrica sulla casa da lei curata per il settimanale femminile Grazia, un’amica al vostro fianco, gli articoli di arredamento apparsi sulle riviste di moda e cultura Bellezza, Vetrina e negozi, Cordelia, sono stati delle tappe per la maturazione di un pensiero che in Brasile ha trovato la condizione ideale per diventare edificio.
Nelle sue opere – da quelle più note, la Casa de Vidro, il Museo di Arte di São Paulo, il Solar de Unhão di Salvador de Bahia, il Sesc-Pompeia, a quelle minori ma non meno importanti, come le chiese e i teatri – emerge un’idea di architettura come arte collettiva.