È dedicata a Eliseo Mattiacci (Cagli, 1940), protagonista dell’arte contemporanea e pioniere dell’avanguardia italiana di fine anni Sessanta, la mostra antologica Gong, che fino al 14 ottobre 2018 è aperta al pubblico al Forte di Belvedere di Firenze.
Venti sculture all’esterno del Forte e all’interno della Palazzina, oltre a un nutrito gruppo di disegni, circa ottanta, che rendono merito all’attività grafica di Mattiacci. Un esercizio pressoché sciamanico volto a esplorare il sublime del cosmo, orbite di pianeti e di astri, ritmi e geometrie che appartengono all’universo infinito, per tracciare mappe stellari che adesso come milioni di anni fa funzionano in termini anche simbolici, rituali.
Fin dalle prime opere, dalle sculture in ferro veri e propri assemblaggi di nuova inedita arcaicità, Mattiacci ha inteso commisurare e riunificare i gesti umani e l’immaginazione metafisica con la natura insondabile della vita nell’universo e con l’energia incommensurabile nella materia e tra gli astri, con il ciclo cosmico di vita e di morte, quello di essere e non essere, le forze visibili e ancora invisibili nello spazio e nel tempo quali l’attrazione magnetica e la gravità.
«Mi sento attratto dal cielo con le sue stelle e pianeti e, al di là, dalle nostre galassie, è una immaginazione che va oltre, come a voler sfidare la fantasia stessa, come in un sogno – ha dichiarato Mattiacci -. Mi piacerebbe lanciare una mia scultura in orbita nello spazio. Sarebbe davvero un bel sogno sapere che lassù gira una mia forma spaziale».
Negli spazi interni del Forte, tra le opere storiche non manca il Tubo (1967) di circa sessanta metri di estensione e l’installazione Recupero di un mito (1975), così come trova collocazione l’opera sonora Echi di suoni e cani che abbaiano (1983). Sono altresì esposte opere degli esordi come Scultura lunatica del 1962. Relativamente ai lavori più recenti, un’intera stanza ospita l’installazione con i pianeti in alluminio sulla superficie stratificata in pallini in piombo di La mia idea del cosmo (2001), mentre le grandi eliche in alluminio di Dinamica Verticale (2013) dominano gli spazi al piano terreno. Al primo piano, il pubblico intercetta una sequenza di stanze dedicate tutte al disegno, una vera e propria “mostra nella mostra” che approfondisce in maniera sistematica le dense stagioni di questa pratica costante e ancora poco sondata del lavoro di Mattiacci. Sono esposti disegni che rievocano il clima delle performance degli anni ’70, il ciclo Predisporsi ad un capolavoro cosmico-astronomico del 1980-81, i frottages su metallo dei Campi Magnetici, le Cosmogonie, fino ai recenti Corpi Celesti del 2005-2015.
Uscendo negli ampi giardini terrazzati del Forte di Belvedere, sono collocate le grandi opere in acciaio corten di ispirazione cosmico astronomica, orientate da un lato verso il grande cantiere rinascimentale che è la città di Firenze, dall’altro verso le colline che ospitano l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, non lontano dall’ultima residenza di Galileo Galilei. In questo sistema di riferimenti spaziali sono disposti i lavori realizzati a partire dalla fine degli anni Ottanta fino agli anni più recenti, come i due totem Verso il cielo (1987), Equilibri precari quasi impossibili (1991), Segno australe – Croce del Sud (1991), Gong (1993), Vie del cielo (1995), i dischi di Ordine cosmico (1995-96), Totem con nuvola (1996), e l’inedita Scultura che guarda (1997-2013).