” Madonna in blu. Una scultura veronese del Trecento” è il titolo della mostra che dal 22 giugno al 26 ottobre 2018 è aperta al pubblico presso il Castello del Buonconsiglio a Trento.
I recenti restauri, condotti in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Culturali di Trento, le hanno restituito le splendide cromie originali, evidenziando la stesura originale dell’azzurrite e delle decorazioni in oro. Di qui la denominazione di Madonna in blu data alla scultura.
«Inaugura – anticipa il Direttore del Castello, Laura Dal Prà – una nuova proposta culturale del Buonconsiglio, il progetto “Cammei”, attraverso la quale si proporranno all’attenzione del pubblico singole opere facenti parte del patrimonio museale sino ad oggi trascurate dagli studi. “Cammei” sarà intitolata anche la collana di pubblicazioni che approfondiranno le conoscenze su ciascuna delle opere così indagate».
«In questo primo “Cammeo” – annuncia la curatrice Luciana Giacomelli -, la Madonna in blu sarà presentata evidenziando il suo contesto storico, che la lega al soppresso convento dei padri agostiniani di San Marco in Trento, sia quello iconografico: il tema raffinatissimo è quello della Madonna della rosa. Non tralasciando naturalmente l’aspetto stilistico che la riconduce a quella che fu una delle più grandi stagioni dell’arte veronese, quella della scultura trecentesca definitivamente consacrata ai più alti livelli da Pietro Toesca che ancora nel 1951 scriveva Non hanno queste figure riscontro né tra le campionesi, né tra le veneziane».
«La Madonna della rosa, ora ridefinita la Madonna in blu è – ribadisce la curatrice – tra le pochissime testimonianze rimaste di scultura lapidea veronese del Trecento a Trento. Ne è noto solamente un altro esempio in sede trentina: la Madonna allattante, molto probabilmente proveniente dalla cattedrale di Trento ed ora nel Museo Diocesano Tridentino opera del cosiddetto “maestro del sorriso”».
La Madonna è raffigurata in posizione frontale, assisa in trono e coronata. La contraddistingue la nobiltà del viso che sembra accennare ad un sorriso, in linea con le coeve espressioni veronesi che traspare anche dal volto del bambino. I documenti a quell’altezza cronologica sono molto avari di informazioni sugli autori è dunque difficile attribuire l’ opera.