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La douleur, un film di Emmanuel Finkiel – Recensione

La douleur

Emmanuel Finkiel si è qui preoccupato soprattutto di restituire la densità lirica del romanzo di Marguerite Duras, accordando uno spazio particolare alla parola musicale, sonnambolica, incantatoria dell’autrice. I monologhi interiori che punteggiano il racconto, riproducendo l’inconfondibile impasto linguistico e letterario della scrittrice francese, rimandano inevitabilmente a Hiroshima mon amour (anche le scelte musicali sono in linea con i brani che a suo tempo Gianni Fusco compose per Alain Resnais).

Il film lavora sulla tensione emozionale e sul distacco. Già il libro della Duras si proponeva nella duplice veste di diario personale, scritto giorno per giorno negli ultimi mesi dell’Occupazione e in quelli immediatamente successivi, e di romanzo di finzione, solidamente strutturato, composto a quaranta anni di distanza dai fatti narrati.

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Gli inopinati passaggi dall'”io” al “lei” contenuti nel libro (e conservati nel film) vengono a rimarcare lo scollamento tra il personaggio Marguerite, che vive l’esperienza insostenibile del dolore (Robert, il marito, è stato arrestato dai tedeschi e di lui non si sa più nulla), e la Marguerite scrittrice, che ripercorre a ritroso quell’esperienza e ne fornisce una testimonianza distaccata, oggettiva. Finkiel arriva al punto di raddoppiare sullo schermo la figura dell’eroina scindendo il personaggio di Marguerite, che si muove come un topo in gabbia per le strade di Parigi, da quello di Marguerite narratrice, che la osserva registrandone il tormento interiore. Come se, dopo tanti anni, la stessa Duras guardasse come era stata e giudicasse, in fondo, un’altra, la Duras di allora.

La sofferenza, l’impotenza, il senso di smarrimento della protagonista sono resi attraverso un uso insistito dei piani ravvicinati. Collocata sempre nel cuore dell’inquadratura, Marguerite diviene l’epicentro della visione, il punto in cui il pubblico in sala è indotto a rivolgere il proprio sguardo. Sul volto di Mélanie Thierry confluiscono, come su un paesaggio cangiante, i mutevoli stati d’animo della donna: la paura e la speranza, i sensi di colpa (dovuti alla relazione segreta che essa intrattiene con Dionys), lo scoramento, la vergogna; laddove certe audacie stilistiche (il fuori fuoco in cui viene costantemente confinato lo sfondo) ci indicano con forza la sua solitudine e il suo disorientamento: il distacco emotivo dalla realtà di chi, chiuso nella sua prostrazione, ha scelto di non lasciarsi contaminare dal mondo esterno.

E così Finkiel spoglia la rappresentazione dagli elementi estranei al dramma del suo personaggio: il contesto storico e ambientale, per quanto accuratamente ricostruito, resta in secondo piano, escluso dal centro del quadro: la quotidianità della vita a Parigi durante e dopo l’Occupazione è filtrata attraverso lo sguardo allucinato di Marguerite: vedi la scena di lei indifferente tra la folla in festa per il 14 luglio.

Acquista particolare densità tutta la prima parte della pellicola, quella che, caricando il racconto di suspense, illustra il rapporto sottilmente ambiguo, a tratti persino morboso, che si viene a creare tra Marguerite e Pierre Rabier, l’agente francese al servizio della Gestapo che, infatuato di lei, si dice disposto ad aiutarla e a farle avere notizie del marito (il personaggio, a cui Benoît Magimel conferisce un’aria di disarmata e pur torbida innocenza, è sicuramente la cosa migliore del film). Meno incisiva, meno convincente, a tratti anche un po’ manierata, la parte che descrive gli eventi successivi alla Liberazione e i lunghi giorni dell’attesa del ritorno di Robert.

Nicola Rossello

Scheda film – La douleur

Titolo: La douleur
Regia: Emmanuel Finkiel
Cast: Mélanie Thierry, Benoît Magimel, Benjamin Biolay, Shulamit Adar, Grégoire Leprince-Ringuet
Durata: 127 minuti
Genere: Drammatico
Distribuzione: Wanted Cinema
Data di uscita: 17 gennaio 2019

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