È Gio Ponti il protagonista del nuovo appuntamento con “I tre architetti”, in onda venerdì 1 febbraio 2019, alle ore 21.15, su Rai5.
Architetto, designer, pittore, scultore e scrittore. Moderno “uomo del Rinascimento”, persegue la bellezza delle forme, non solo per ragioni estetiche, ma come principio di vita per cui, dal piccolo al grande, “dal cucchiaio al grattacielo”, si rispettano le forme del gusto e del buon vivere nella bellezza.
Nel celebre editoriale del 1928 di Gio Ponti su “Domus” (la rivista da lui fondata) dal titolo “La casa all’italiana”, l’architetto scrive quello che può essere considerato il manifesto del suo pensiero.
Per Gio Ponti “arte, architettura, design si devono fondere per creare un ambiente che sia in grado di offrire non tanto il comfort inteso nella sua meccanica applicazione di standard dimensionali, che garantiscano il minimo spazio vitale, quanto invece il conforto necessario a nutrire anche l’anima dell’uomo moderno, così come insegna la tradizione classica italiana”.
Diventa pertanto un pilastro fondamentale nel dibattito architettonico e un ponte tra la tradizione e la modernità, tra il design e l’architettura, tre la produzione industriale e l’artigianalità. Il suo motto era: “Tradizione è fare cose nuove bene come cinquecento anni fa”.
Il documentario ripercorre, con le parole dello storico dell’architettura Fulvio Irace, dello scrittore e designer Stefano Casciani, di Salvatore Licitra, nipote e responsabile di Gio Ponti Archives, di alcuni importanti architetti italiani, la sua attività, i suoi progetti e le sue realizzazioni.
Dalle “case tipiche”, costruite soprattutto a Milano, agli edifici Montedoria e Montecatini, ai Grandi Magazzini Bijenkorf di Eindhoven, alle ville a Caracas, alle sue infinite creazioni dovute alla fervida attività nel campo del design e dei rapporti con l’industria.
Poi l’esperienza di “Domus” che diventa non solo una rivista, ma uno strumento internazionale di dibattito e di crescita interdisciplinare.
E poi ancora le sue opere che spaziano in ambiti differenti come le Chiese di San Francesco a Milano e la Concattedrale di Taranto, le collaborazioni con Ginori, le invenzioni nella ceramica e nella porcellana e la progettazione di mobili e oggetti di design di ogni tipo che lo portano a diventare, insieme a pochi altri, l’inventore del “Made in Italy”.
Infine, quello che viene considerato il capolavoro nella sua Milano, il grattacielo Pirelli, edificio che cambia la scena e lo skyline della Milano del Dopoguerra.