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L’età giovane, un film dei fratelli Dardenne – Recensione

L'età giovane, un film dei fratelli Dardenne

Da sempre i personaggi dei fratelli Dardenne sono abitati da fragilità, tensioni, contraddizioni profonde. Alle prese con meccanismi sociali spietati, che mirano a soffocarne le aspirazioni vitali, combattuti nelle loro scelte morali da lacerazioni interne che li pongono in guerra con se stessi, Rosetta, Lorna, Bruno, Cyril, Sandra anelano tutti a una qualche forma di riscatto che li sottragga all’esistenza miserabile in cui sono precipitati. Sono personaggi caparbi, rabbiosi (la lotta che ingaggiano per uscire dalla sofferenza non conosce quartiere), ma mai monolitici.

Ahmed, il protagonista de L’età giovane, è una figura che pare discostarsi in qualche misura da questo modello. La testa incassata nelle spalle, lo sguardo gelido e sfuggente dietro gli occhialini tondi da miope, Ahmed, tredici anni, di origine araba ma cresciuto in Belgio, si presenta come un personaggio inflessibile, incalzato da una determinazione fanatica. Le omelie dell’imam del suo quartiere lo hanno convinto di vivere in un ambiente contaminato, corrotto. Egli allora, per difendere la propria purezza, decide di sottrarsi alle donne e agli animali, da lui considerati esseri immondi: rifiuta di stringere la mano alla maestra, che pure in passato lo ha aiutato a superare la sua dislessia; corre a lavarsi il volto quando la piccola Louise lo bacia sulla bocca; entra in conflitto con la madre, che disprezza perché non porta il velo e beve il vino. Il ritmo delle sue giornate è scandito da ritualità, sempre uguali a se stesse, che lo isolano dagli altri e ne irrigidiscono il comportamento: abluzioni, preghiere, letture del Corano. Frequenta assiduamente la moschea, dove le omelie dell’imam trovano nella sua fragile mente un facile alimento per il fanatismo. Di fatto, Ahmed appare chiuso ermeticamente nel suo rigorismo maniacale, sottratto alla dinamica dello scambio e della comunicazione con gli altri.

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La frattura tra il suo mondo interiore e la realtà circostante lo ha fatto precipitare in una spirale regressiva e ossessiva di odio feroce. Ahmed si convince che è necessario castigare i miscredenti e gli apostati che non seguono la parola del Profeta. Il bersaglio prescelto sarà la signora Ines, la professoressa di arabo del suo doposcuola, colpevole di voler insegnare la lingua non già ricorrendo ai versetti del Corano, ma facendo ascoltare canzoni popolari.

L’umanesimo attivo dei Dardenne prevede la via del perdono e della redenzione morale. In passato i loro personaggi erano chiamati a ingaggiare una battaglia tenace all’interno di se stessi, e a difendersi da soli da una società ostile (faceva eccezione, certo, Sandra, l’eroina di Due giorni, una notte, che nel condurre la sua lotta per conservare il posto di lavoro, poteva contare sul sostegno del marito e di alcuni compagni di fabbrica). Per contro, Ahmed non è mai abbandonato a se stesso. Non è privato dell’affetto della madre, che si affligge nel vederlo allontanarsi da lei. Le istituzioni qui non sono assenti. Gli adulti che si prendono cura di lui cercano di distoglierlo dai suoi insani convincimenti. Educatori e psicologi danno prova di un’infinita pazienza e benevolenza nei suoi confronti. Tentano in tutte le maniere di scalfire la corazza di odio entro cui si è barricato, e di aprirlo a un più sereno e fidente rapporto con la vita e con il mondo. Ma i loro sforzi non daranno frutto. Se l’incontro con Louise sembra suggerire per un istante la possibilità di un risveglio della coscienza, un’apertura morale (invero, le scene di quest’idillio infantile suonano alquanto stonate…), presto Ahmed torna a chiudersi nella propria ossessione.

Ahmed, di fatto, si rivela un personaggio statico, non dinamico; un soggetto privo di un’autentica linea evolutiva, refrattario a ogni mutamento, irrigidito in un’attitudine regressiva che lo spinge a negarsi a qualunque incontro con l’altro, il diverso da sé (l’odio che nutre verso la signora Ines è alimentato anche dalla scoperta che la donna convive con un ebreo).

Figura decisamente respingente, Ahmed resta sino alla fine un mistero non chiarito, una creatura opaca, imperscrutabile. Ogni interrogazione su di lui è destinata a restare senza risposta. E se da parte dei Dardenne c’è la scelta di non spiegare il personaggio, la loro incapacità di decifrare la propensione alla violenza di Ahmed riflette il senso di impotenza che attanaglia oggi la civiltà occidentale. Una civiltà – qui si parla del Belgio laico, sconvolto dai recenti fatti di sangue – sempre più disorientata e confusa, che assiste sgomenta al fallimento delle politiche di integrazione che avrebbero dovuto garantire una pacifica convivenza tra etnie e fedi diverse. Quello che il film registra è il venir meno dell’illusione generosa e velleitaria di quanti si ostinano ancora, nonostante tutto, a voler ricercare un qualche sprazzo di umanità nell’odio insensato di cui si alimenta il fanatismo religioso.

Nicola Rossello

Scheda film

Titolo: L’età giovane
Regia: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Cast: Idir Ben Addi, Olivier Bonnaud, Myriem Akheddiou, Victoria Bluck, Claire Bodson, Othmane Moumen
Durata: 84 minuti
Genere: Drammatico
Distribuzione: BIM Distribuzione
Data di uscita: 31 ottobre 2019

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