Zombi child descrive in montaggio parallelo due storie distinte che si consumano in epoche e luoghi diversi. La prima è ambientata negli anni Sessanta ad Haiti dove un uomo, Clairvius Narcisse, vittima di un rito di magia nera, è costretto, da zombie, a lavorare in una piantagione di canna da zucchero. La seconda si svolge ai nostri giorni in un prestigioso collegio femminile nei pressi di Parigi, dove Mèlissa, una ragazza di origine haitiana, è chiamata a integrarsi in una confraternita studentesca e, per essere accolta, durante la cerimonia di iniziazione, le viene chiesto di rivelare qualcosa di sé, qualcosa di intimo, di segreto. Lei allora parlerà del suo passato e della storia di Clairvius, di cui è nipote. Fanny, una delle ragazze del gruppo, posseduta da un amore infelice (il giovanotto per cui languiva ha deciso di lasciarla) e turbata dalle parole di Mèlissa, chiederà alla zia di quest’ultima, una sacerdotessa vudù capace di comunicare con il regno dei morti, di aiutarla a lenire le proprie ferite affettive ricorrendo a un rito esorcistico terrificante durante il quale sarà evocato uno spirito demoniaco collegato al culto dei cimiteri.
Da un lato avremo allora una povera creatura derelitta, Clairvius, costretta a vagare come un fantasma in pena lungo il confine incerto che separa la vita dalla morte (avendo ingerito per caso della carne, l’uomo è restituito al mondo dei vivi, ma dovrà nascondersi per lunghi anni tra le altura dell’isola per sottrarsi ai suoi persecutori), dall’altro la precaria situazione emotiva di un’adolescente fragile e smarrita, indotta, nell’estremo tentativo di elaborare la perdita della persona amata, a ricercare un elemento salvifico in un ordine culturale che le è ignoto, spingendosi verso zone della coscienza inesplorate, dove il naturale si mescola al soprannaturale.
Il film gioca la carta della contaminazione fra le modalità retoriche e i motivi iconografici del repertorio horror e quelli del teen movie, dove la variazione sul tema dello zombie si discosta per molti versi dalle convenzioni mitico-folcloriche e dalle torsioni narrative dell’immaginario di genere per nutrirsi di intenti documentaristici, etnologici. La vicenda di Clairvius Narcisse prende le mosse da una storia autentica analizzata a suo tempo dall’antropologo canadese Wade Davis nel suo libro “Il serpente e l’arcobaleno”, lo stesso che ha ispirato il film omonimo di Wes Craven. Ad ogni buon conto, la regia non rinuncia a inseguire una tessitura visiva allucinata, sonnambolica, di inquietante stranezza (le immagini trasognate, di attonito languore, dei paesaggi notturni in cui Clairvius, risvegliato dalla sua condizione di morto vivente, conduce i suoi vagabondaggi senza meta lungo le alture dell’isola). Di qui i richiami e le sintonie formali con il film di Craven, da cui la pellicola di Bonello mutua, tra le altre cose, l’approccio sostanzialmente realista, non folclorico, con cui viene affrontata la figura dello zombie. Di qui il recupero delle atmosfere stregate e sinistre, dominate dalla logica del fantastico, che erano il punto di forza di alcuni classici del genere: di White Zombie di Victor Halperin, del 1932, e di Ho camminato con uno zombie di Jacques Tourneur, del 1943.
Curiosa, ma anche un poco arrischiata, la chiave di lettura sottilmente politica e polemica che è possibile cogliere nella filigrana del racconto. Nel film il discorso sui morti viventi viene ad alludere alle ferite dolorose e mal cicatrizzate del colonialismo francese. La figura dello zombie si carica di una valenza metaforica, venendo a significare la condizione dell’uomo di colore privato della propria volontà e ridotto in schiavitù per essere utilizzato come mano d’opera nelle grandi piantagioni. Già nella parte iniziale della pellicola lo storico Patrick Barcheron tiene alle alunne del collegio una lezione sul rapporto tra gli ideali della Rivoluzione francese e lo sviluppo del colonialismo, ponendo l’accento sulle relazioni dialettiche che intercorrono tra il passato della memoria e il nostro presente. Il proseguo del racconto ci descrive come i resti di un passato mal metabolizzato sopravvivano ancor oggi nell’immaginario giovanile in forme adulterate e ingenue: in certo cinema orrorifico di basso consumo; nelle canzoni di certi musicisti di origine africana che vanno per la maggiore…
Nicola Rossello
Zombi child – Scheda film
Titolo: Zombi child
Regia: Bertrand Bonello
Cast: Louise Labèque, Wislanda Louimat, Adilé David, Ninon Francois, Mathilde Riu, Bijou Mackenson, Katiana Milfort, Patrick Boucheron, Néhémy Pierre-Dahomey, Ginite Popote, Sayyid El Alami, Saadia Bentaieb
Durata: 103 minuti
Genere: Drammatico
Francia, 2019