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Roma antica nelle incisioni di Eligio Giovannoli

Alò Giovannoli, Arco di Tito, in Roma Antica, Roma 1616

Sono con i telefonini alzati come bandiere, li vedi sgomitare tra loro per trovare l’angolo migliore da cui scattare una fotografia; scrivo dei turisti che visitano Roma e dinanzi a tanto splendore non torneranno a casa senza portarsi dietro lo scatto migliore dei posti preferiti.

La città eterna affascina, seduce, attira migliaia di persone fin dall’antichità, da quando da capitale dell’Impero, era ricca di monumenti magnificenti.

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Cosa avrebbero fatto, però, i visitatori di oggi se fossero vissuti nel Seicento? Che fossero mercanti, pellegrini, soldati o viaggiatori, sarebbero rimasti ugualmente ammaliati dopo un viaggio difficile attraverso strade impervie, come erano le antiche vie che portavano a Roma. Anche in loro sarebbe nato il desiderio di catturare lo scorcio di una via, di una piazza, i ruderi di archi di trionfo, da mostrare orgogliosamente al ritorno e mantenere sempre vivo il ricordo dell’Urbe.

Per soddisfare questa domanda, nel XVI e XVII secolo prolifera una fiorente attività editoriale nella stampa di incisione dei principali monumenti della città. Non solo luoghi sacri, o semplici guide del pellegrino, ma vedute originali realizzate con perizia, ricchezza di dettaglio e che spesso includevano momenti di vita quotidiana sullo sfondo di piazze, fontane, vestigia imperiali, chiese.

Tra i numerosi autori del genere come Etienne Du Pérac, Antonio Dosio, Aegidius Sadeler, Giovanni Orlandi, Stefano della Bella, Istrael Silvestre, per citarne alcuni, di particolare originalità è l’opera di Eligio Giovannoli, detto Alò, tanto per qualità artistica, quanto per il modo in cui ha declinato il tema delle vedute.

L’autore svolse la sua prima attività in qualità di pittore miniatore ed incisore, collaborando nel 1608 con Raffaello Guidi e con artisti del calibro di Domenico Chiavarino e Luca Palea.

Fu nel corso dell’ultima parte della sua vita che Alò si dedicò a rappresentare il paesaggio dell’antica Roma e delle sue vestigia, realizzando una ricca serie di vedute al principio del XVII secolo, che pubblicherà nella sua opera magna del 1616 dal titolo Roma Antica, raccolta di 143 incisioni divise in sette libri, più una piantina di Roma. Di questo lavoro resta una sola copia originale conservata presso la Biblioteca Angelica di Roma.

La riscoperta si deve al prezioso lavoro di ricerca di Simona Sperindei, che nel 2001 ripubblica l’opera di Giovannoli in un’edizione critica dal titolo Le Vestigia di Roma: evidenze archeologiche nella Roma del Seicento a cura della stessa studiosa e edita da Arbor Sapientiae Editore.

La studiosa nel corso degli ultimi anni ha affrontato l’opera dell’artista e ha ripercorso le sue vicende biografiche a Roma nella quale era giunto da Civita Castellana e dimorava già nel 1596 assieme ai fratelli Paolo ed Adamo.

Fondamentale è stato il ritrovamento dell’elenco dei beni dell’incisore, che ha permesso finalmente di tracciare il percorso professionale all’interno della scena artistica romana e di definire alcune indicazioni temporali relative alla sua attività.

«Le incisioni del Giovannoli – ha affermato Simona Sperindei – da un punto di vista qualitativo, nel passato sono state oggetto di una sorta di pregiudizio negativo da parte dei critici a causa della riconoscibile marcatura del segno. Al contrario il suo stile si distingue per particolari ed inusuali scorci; per un diverso taglio compositivo, che gli consente di esaltare i soggetti raffigurati, facendo rivivere negli osservatori la storia di quei luoghi e dei suoi protagonisti».

Ogni veduta, infatti, non si limita a rappresentare uno spazio noto della città, ma narra di eroi, martiri, personaggi che hanno legato il loro nome alla zona raffigurata. Giovannoli con pochi tratti di linea riesce a rievocare una storia con raffinatezza e grande capacità di sintesi.

Diego Pirozzolo

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La Sapienza Università di Roma - Foto di Diego Pirozzolo
Fondazione Roma Sapienza, “Arte in luce” X edizione

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