L’omaggio che la Società Economica di Chiavari ha inteso dedicare ad Alberto Salietti (Ravenna 1892 – Chiavari 1961) è incentrato sui “Diari pittorici” dell’artista: una serie di quaderni contenenti schizzi a penna, disegni a matita e ad acquerello, utilizzati in talune occasioni come studi preparatori per la realizzazione di opere pittoriche di più ampio respiro; più spesso e più semplicemente, come brevi annotazioni grafiche e coloristiche, appunti occasionali, tesi a fissare sulla carta impressioni di vita quotidiana, brani di quella realtà varia, umana e naturale, con cui Salietti veniva giornalmente a contatto. Vi si possono individuare motivi insistiti, iconografie e temi ricorrenti, riferimenti costanti nella sua ricerca: abbozzi di ritratti (numerosi quelli dedicati alla seconda moglie Lydia), scorci di paesaggi urbani, boschivi, marini, di dichiarato sapore mediterraneo (gli scenari più frequenti sono quelli del Levante ligure, di Chiavari in particolare, dove il pittore ravennate trascorse gli ultimi decenni della sua vita; nonché i luoghi attraversati durante i suoi tanti viaggi), composizioni di oggetti diversi (vasi di fiori o di frutti, strumenti musicali, farfalle, uccelli, bottiglie, lumi a petrolio…), felpati interni domestici popolati da figure femminili immobili, silenti.
I “Diari”, che nel 1980 la vedova dell’artista ha voluto donare alla Società Economica, sono in tutto 38 (sei dei quali attualmente in prestito a Ravenna dove a palazzo Rasponi è in corso un’altra rassegna su Salietti) e coprono un arco di tempo che va dal 1935 al 1960, documentando la fase conclusiva del percorso figurativo del maestro, quella in cui il suo linguaggio assume nuove valenze, venendo a ripiegarsi su intonazioni intimiste.
Restano esclusi dai quaderni gli anni del primo dopoguerra, quelli in cui Salietti si legò al gruppo “Novecento”. Il pittore ravennate fu presente alla prima storica esposizione del movimento che si tenne nel 1926 al palazzo della Permanente di Milano. Anche negli anni successivi partecipò attivamente alle più importanti manifestazioni promosse dal gruppo in Italia e all’estero (era stato nominato segretario del Comitato direttivo).
Una produzione pittorica, quella da lui realizzata tra le due guerre, che, in linea con le indicazioni di Margherita Sarfatti, l’infaticabile animatrice e portavoce di “Novecento”, mirava a una figurazione dalle “forme concrete e chiare”, di gusto classicheggiante, che alle sperimentazioni e agli sconvolgimenti delle avanguardie storiche d’anteguerra opponesse il recupero dell’equilibrio formale, l’armonia compositiva, la semplificazione del discorso espressivo.
Rispetto ai novecentisti della primissima ora, quelli che come Achille Funi e Ubaldo Oppi erano più vicini alle atmosfere sospese e senza tempo del “Realismo magico”, Salietti orientò il suo lavoro figurativo verso un naturalismo plastico, intessuto di richiami alle semplificazioni primitiviste, arcaizzanti, della pittura italiana antica (quella del Quattrocento, soprattutto). Il rappel à l’ordre significò per lui il ritorno al mestiere, ovvero il recupero di quella rigorosa costruzione del paesaggio, del ritratto, della natura morta, degli interni con figura (per citare i generi che Salietti praticò con maggiore insistenza) che era stata dei grandi maestri del passato.
La rassegna di Chiavari, ospitata nelle sale della Società Economica sino al 7 aprile 2024, accanto ai “Diari pittorici”, propone alcuni dipinti, incisioni e grandi disegni. Tra le opere esposte, spiccano uno studio preparatorio a matita de Le comunicande, una tela oggi conservata a Brera, ma, soprattutto, l’affettuoso Ritratto di Ada: un’immagine, quella della prima moglie dell’artista, di solida costruzione volumetrica e, insieme, di vivace freschezza, che viene a riassumere i caratteri precipui di una pittura sobria e affabile, pacata e generosa, di cordiale comunicativa.
Nicola Rossello