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Toulouse-Lautrec, mostra a Torino

Henri de Toulouse-Lautrec

Quando nel 1884 Toulouse-Lautrec si stabilisce a Montmartre, è un uomo di vent’anni, ma già minato dalla malattia alle ossa che nel 1901 lo avrebbe condotto alla morte. Affascinato dallo spettacolo chiassoso e variopinto della vita notturna del quartiere, ne divenne il cronista lucido, attento, partecipe. Frequentatore assiduo dei luoghi di ritrovo che animavano la Ville Lumière, celebrò l’atmosfera popolare, disinibita e un po’ canagliesca che si respirava nei caffè-concerto, nei teatri di varietà, nei cabaret, nelle sale da ballo, venendo a elaborare, attraverso le sue opere, quel mito della Parigi bohèmienne di fine Ottocento che è ormai entrata a far parte della cultura collettiva.

Gli anni in cui realizza i suoi capolavori sono quelli del postimpressionismo. Ma se in alcuni suoi dipinti Toulouse-Lautrec si muove nel solco di Degas (l’interesse per la realtà quotidiana; l’adozione di punti di vista obliqui e paradossali, fortemente scorciati, lontani dalla tradizione prospettica rinascimentale; il tratto nervoso e sintetico, a dare l’impressione di immediatezza e spontaneità esecutiva), l’importanza che, soprattutto nelle opere grafiche, egli assegna al disegno – un disegno nitido, veloce, incisivo, che definisce con nettezza i contorni e dà volume alle forme –; l’impiego di ampie campiture di colore omogeneo e di accostamenti cromatici inusitati; la potenza espressiva della linea, con il suo svolgimento fluente, elegantemente decorativo, memore della cultura figurativa giapponese; tutto questo preannuncia l’estetica dell’Art Nouveau.

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La rassegna attualmente in corso a Torino, al Mastio della Cittadella (visitabile sino al 21 luglio 2024; curatore Joan Abellò), si concentra proprio sull’attività grafica di Toulouse-Lautrec, il settore di gran lunga più noto e innovativo della sua produzione. In mostra è esposta un’attenta selezione di disegni da lui eseguiti per giornali e riviste – disegni in cui emerge l’istintiva, incontenibile inclinazione satirica e caricaturale dell’artista –, nonché un nutrito gruppo di manifesti pubblicitari realizzati per reclamizzare spettacoli teatrali e di cabaret, romanzi, prodotti commerciali: affiches in cui, attraverso un linguaggio sinuoso e abbreviato, di grande raffinatezza, e una stesura compatta del colore, Toulouse-Lautrec perviene a una stilizzazione di straordinaria originalità e potenza inventiva. Con Toulouse-Lautrec, si è scritto, il manifesto s’impone come una forma artistica nuova, legata alla modernità.

Si pensi ad Aristide Briant nel suo cabaret, un’immagine celeberrima che ritrae il personaggio (un rinomato canzonettista, cantore dei bassifondi parigini, nonché grande amico di Toulouse-Lautrec) in una posa fiera, sprezzante, di ostentata baldanza, con la sua sciarpa rossa e il nero mantello, l’immancabile bastone stretto nella mano guantata. O si pensi al Divan Japonais, una composizione eseguita per l’omonimo locale, che, attraverso un audace scorcio prospettico, presenta in primo piano due noti protagonisti della Montmartre di quegli anni (la ballerina Jane Avril e il critico musicale Edouard Dujardin), mentre sul fondo la figura che si esibisce sulla scena, la testa tagliata dall’inquadratura, è la cantante Yvette Guilbert, riconoscibile dai suoi lunghi guanti neri. O, ancora, si considerino affiches e litografie come Jane Avril o La loge au mascaron doré, con la loro arrischiata organizzazione dello spazio, retaggio del japonisme allora alla moda; o L’Abbé Faure dans le Matin (un’immagine decisamente cupa); o, infine, alcuni arabeschi di sciolta e flessuosa eleganza liberty: Confetti, May Belfort, May Milton, La clownessa del Moulin Rouge

Altre sezioni della rassegna sono riservate alle principali tematiche sviluppate dall’artista: il tema del circo, con le acrobazie dei cavallerizzi e dei giocolieri, i numeri dei clown; la galleria di ritratti dedicati ai personaggi – attempati viveur, dandy, vedette del music-hall – che popolavano le notti frenetiche della Belle Époque. Andrà segnalata, in particolare, un’importante raccolta di litografie intitolata Elles, incentrata sulle pensionate delle case di tolleranza di cui Toulouse-Lautrec era assiduo cliente e osservatore: corpi di donna stanchi e sgraziati, ritratti nella loro desolata quotidianità, a cui l’artista riserva un approccio indulgente, pudico (non v’è nulla di compiaciuto o di morboso in questi lavori), privo di qualsivoglia giudizio morale. Sono composizioni che, nel restituire la dimensione umana e prosaica dei soggetti raffigurati, richiamano alla memoria certe pagine di Maupassant o certe pellicole di Kenji Mizoguchi.

Nicola Rossello

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