«Incominciai a pensare che era giunto il momento di stabilire con me stesso a quali condizioni avrei accettato l’ingaggio per il viaggio. Ero già al corrente del fatto che nella baleniera non pagano salario, ma tutto il personale, compreso il capitano, riceve alcune quote dei profitti, chiamate pertinenze; queste pertinenze sono proporzionate al grado di importanza dei rispettivi compiti. Sapevo anche che, essendo novellino della baleniera, la mia pertinenza non sarebbe stata troppo grande; ma, dato che ero abituato al mare, che potevo governare una nave, impiombare una gomena e tutto il resto, non avevo alcun dubbio che, da tutto quanto avevo udito, mi sarebbe stata offerta la 257esima pertinenza e cioè la 257esima parte dei proventi netti del viaggio, a qualunque cifra potessero ammontare.» Herman Melville in Moby Dick immagina che nel Pequod, la baleniera comandata dal capitano Achab, viga un sistema che non discrimina, perché ciò che conta è il merito individuale, e che assegni a ciascun lavoratore-capitalista una «pertinenza», un salario, basato sulle competenze individuali e sui profitti, cosicché a tutti convenga che il capitale frutti il più possibile. È un sistema simile che in queste pagine Renato Brunetta propone anche per il nostro Paese per superare la crisi, «una grande occasione per ristrutturare, per soffermarsi a capire il mondo e le sue trasformazioni, e reinterpretare idee e teorie»: una riforma radicale che preveda il passaggio da una società a retribuzione fissa verso sistemi di partecipazione dei lavoratori ai rischi d’impresa. Solo così, realizzando un «socialismo liberale» dove il salario non sarà più una variabile fissa e incomprimibile, si potrà compiere la transizione da un mondo di salariati in perenne bilico sul nulla della disoccupazione a un pianeta della piena occupazione. «Facciamo respirare la nostra società, i nostri giovani. Sviluppiamo. Investiamo. Facciamo manutenzione del nostro territorio, delle nostre case, del nostro patrimonio urbano. Restauriamo e ristrutturiamo. Modernizziamo. Costruiamo le reti del nostro futuro. Togliamo la gente dalle scrivanie della pigrizia statale. Aggiusteremo la rotta in mare aperto. … Non abbandoniamoci alla marea del pensiero unico e meschino. Decidiamo. Certo, per scegliere bene occorre conoscere. Ma anche immaginare con coraggio. Vedere più in là. Questa è l’utopia positiva.»
Renato Brunetta, economista, è professore ordinario di Economia del lavoro presso l’Università di Roma Tor Vergata. È presidente del gruppo parlamentare Forza Italia-PDL-Berlusconi Presidente alla Camera dei deputati. Membro della XI Commissione lavoro della Camera e membro della Commissione parlamentare per l’indirizzo e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, dal 2008 al 2011 è stato ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione. Editorialista de «il Giornale», è autore di numerose pubblicazioni scientifiche, in materia di economia del lavoro e relazioni industriali, tra le quali: Il modello Italia (1991), Economics for the New Europe (1991), Disoccupazione, isteresi e irreversibilità (1992), La fine della società dei salariati (1994), Sud (1995, 2009), Economia del lavoro (1999), Il coraggio e la paura (2003), Quindici più Dieci (2004), Venezia XXI (2004), Rivoluzione in corso (2009), La mia politica (2011), L’occasione della crisi (2011), Il grande imbroglio (2012), Il grande imbroglio 2 (2013), Il grande imbroglio 3 (2014).
Scheda libro
Autore: Renato Brunetta
Titolo: La mia utopia
Editore: Mondadori
Collana: Politica
Prezzo: € 18,00
Pagine: 180
Anno: 2014