Dopo Ti amerò sempre, melodramma raggelato, giocato sull’ellissi, la reticenza, la sobrietà espressiva, lo smorzamento dei toni e dei ritmi del racconto, Philippe Claudel torna dietro la macchina da presa e sceglie di cambiare completamente registro e di misurarsi con i modi della commedia all’italiana degli anni Sessanta e Settanta. E però la leggerezza apparente con cui, a suo tempo, Risi, Comencini, Pietrangeli, Monicelli seppero amalgamare il timbro comico-grottesco e quello drammatico, è rimasta a tutt’oggi una formula segreta e inimitabile, soprattutto laddove, come in Non ci posso credere, le divagazioni umoristiche a cui si fa ricorso risultano inefficaci, imbastite come sono su espedienti farseschi che non fanno ridere nessuno, mentre i momenti che aspirano a essere seri affogano in un’enfasi emozionale indigesta e fasulla (la scena finale a effetto con l’inopinata apparizione dei fantasmi…).
Claudel, che pure in Francia gode di fama di romanziere di successo, ha partorito qui una sceneggiatura priva di finezza, infarcita di dialoghi inconsistenti. Anche a voler tacere del delirante sottotesto politico, dove l’inconsulta celebrazione delle gesta delle Brigate Rosse fa il paio con un antiberlusconismo a un tanto al chilo, l’assunto narrativo principale del film appare alquanto gracilino. Come già nella sua pellicola precedente, anche qui il regista rende omaggio all’universo borghese e provinciale di Claude Sautet, e illustra le “cose della vita”, i piccoli e grandi piaceri e dilemmi dell’esistenza: i turbamenti del cuore, le difficoltà nei rapporti tra genitori e figli, l’amicizia e i suoi calorosi e rumorosi riti conviviali, il gusto della buona tavola, della letteratura, della musica. Ma, a differenza di quanto avveniva in Ti amerò sempre, qui il lavoro di messa in scena è svogliato, manierato, distratto. Ancora: gli inaspettati squarci drammatici del film, dove emerge il tema dell’elaborazione del lutto, arrivano a suonare pretestuosi e stonati, anche a causa della prestazione degli attori (ma non delle attrici), che dà sovente nell’istrionico, nel buffonesco, nel caricaturale (dove la cifra recitativa dei Gassman, Sordi, Manfredi, Tognazzi resta in larga misura una lezione fraintesa…).
Nicola Rossello
Scheda film
Titolo: Non ci posso credere
Regia: Philippe Claudel
Cast: Stefano Accorsi, Neri Marcoré, Clotilde Courau, Lisa Cipriani, Anouk Aimée, José Luis Roig, Xavier Boulanger, Aude Koegler
Genere: Commedia
Durata: 105 minuti
Uscita: Francia 2011