Milano rende omaggio a Emilio Isgrò con una mostra antologica, a cura di Marco Bazzini, contemporaneamente allestita in più sedi. In particolare, l’esposizione, aperta al pubblico dal 29 giugno al 25 settembre 2016, presenta a Palazzo Reale una selezione di lavori storici con oltre 200 opere tra libri cancellati, quadri e installazioni; alle Gallerie d’Italia l’anteprima del celebre ritratto di Alessandro Manzoni dipinto da Hayez e cancellato in bianco; a Casa del Manzoni “I promessi sposi cancellati per venticinque lettori e dieci appestati”.
Nelle sale di Palazzo Reale è presente il corpus di opere storiche modulato attraverso blocchi tematici e intervallato da grandi installazioni.
L’esposizione si apre con una riflessione sull’identità e l’autorialità, temi che l’artista ha toccato fin dalla fine degli anni Sessanta con le opere “Il Cristo cancellatore” (1968) e “Dichiaro di non essere Emilio Isgrò” (1971), per arrivare quarant’anni dopo al “Dichiaro di essere Emilio Isgrò”.
Successivamente, è affrontata quella che l’artista ha definito “arte generale del segno”, ovvero l’evoluzione nel tempo della cancellatura e della poesia visiva. Dalle prime cancellature degli anni Sessanta all’”Enciclopedia Treccani” (1970), da “I promessi sposi non erano due” (1967) alla “Costituzione cancellata” (2010), alla “Cancellazione del debito pubblico” (2011), al “Trittico del Sole” (2013) e a “Modello Italia” (2013). E, inoltre, le prime poesie visive, tra cui le famose “Wolkswagen” (1964) e “Jacqueline” (1965), insieme a un inedito “Antony and Cleopatra” (1966), alle “storie rosse” (alcune di queste mai esposte finora) e all’installazione-ambiente “Giap”.
Il percorso prosegue con il racconto del passaggio che dalle “lettere estratte” (lettere o note musicali estrapolate dal loro contesto) ha portato alla nascita delle macchie e alla cancellatura come gesto incline alla pittura, ma ancora non pittorico. Il segno, nei primi anni Ottanta, da nero si muta in bianco, e al testo scritto spesso si sostituisce un’immagine. Le installazioni “L’ora italiana” (1985) e “La veglia di Bach” (1985), ricostruite in mostra, rappresentano la straordinaria summa di questa ricerca. Una ricerca che ha portato alla realizzazione del ciclo “Guglielmo Tell”, presentato nella sala personale alla 45° Biennale di Venezia (1993) e ora riallestito a Palazzo Reale. Come focus indispensabile alla comprensione dell’opera dell’artista, viene riproposta al centro del percorso espositivo di Palazzo Reale l’installazione-partitura per quindici pianoforti Chopin.
Trova inoltre spazio un’altra variante concettuale della cancellatura, i “particolari ingranditi“, dei quali Isgrò dice: «Una parola cancellata sarà sempre una macchia, ma resta pur sempre una parola. Un particolare smisuratamente ingrandito di Kissinger o di Mao sarà un’immagine cancellata, ma resta pur sempre un’immagine». Si deve partire dai “particolari ingranditi” per comprendere la progressione che ha portato l’artista a ideare le sculture dedicate ai semi d’arancia come il monumentale Seme dell’Altissimo, che ha accolto all’Expo 2015 di Milano milioni di visitatori. Il tema del seme s’intreccia con il filone di riflessione intorno alla cultura mediterranea, rappresentato dal ciclo delle api e delle formiche — in mostra anche Biografia di uno scarafaggio (1980) e Le api di Istanbul (2010) — e dal ritorno alla parola nel grandioso ciclo teatrale L’Orestea di Gibellina (documentato in mostra) che ha segnato la rifondazione del paese siciliano distrutto dal terremoto del 1968.
L’esposizione di Palazzo Reale termina con una sala dedicata alla “trilogia dei censurati”, un ciclo di lavori che Isgrò ha dedicato nel 2014 a personaggi la cui sorte fu condizionata da opinioni e poteri consolidati. Protagonisti di questo ciclo sono Giovanni Pico della Mirandola e le sue “Conclusiones” cancellate; i notevoli ritratti di Galileo Galilei, Girolamo Savonarola e Curzio Malaparte; e infine Giovanni Testori con la grande opera “Dove comincia il Ponte della Ghisolfa” (2014) legata alla monumentale cancellatura nello spazio pubblico di Piazza Gino Valle al Portello.
La mostra prosegue alle Gallerie d’Italia dove nel caveau, utilizzato per la prima volta come spazio espositivo, è custodito, come un vero e proprio tesoro per Milano e per l’Italia, “L’occhio di Alessandro Manzoni”, una inattesa, emozionante cancellazione del famoso ritratto di Hayez.
Isgrò riconosce nel grande scrittore il simbolo di una unità nazionale oggi più che mai necessaria nell’Italia che cambia con l’Europa e con il mondo. Non è un caso, infatti, che la mostra si concluda a Casa del Manzoni, dove l’artista ritorna a distanza di cinquant’anni sul capolavoro manzoniano cancellandone venticinque volumi, lo stesso numero di lettori che l’autoironico, scaramantico figlio di Giulia Beccaria prevedeva per se stesso.
Il progetto espositivo è promosso e prodotto dal Comune di Milano – Cultura, Palazzo Reale, Intesa Sanpaolo, Centro Nazionale Studi Manzoniani, dalla casa editrice Electa e nasce da un’idea dell’Archivio Emilio Isgrò.