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È solo la fine del mondo, un film di Xavier Dolan – Recensione

Nathalie Baye e Gaspard Ulliel in una scena del film " È solo la fine del mondo "
Nathalie Baye e Gaspard Ulliel in una scena del film “È solo la fine del mondo”

Con questo suo ultimo lavoro Xavier Dolan accantona in larga parte la retorica dell’enfasi lirica e della dismisura che ha caratterizzato sin qui la sua gioiosa foga espressiva, quell’eterogenea e incandescente mistura di sfacciate accensioni cromatiche e sonore “pop”, forme audaci di virtuosismo linguistico e inserti drammatici forti, fondati sull’iperbole e sull’eccesso: un mélange personalissimo con cui il cineasta canadese ha saputo rivisitare i modi del dramma familiare borghese ricorrendo a un estremismo visionario compiaciuto, memore dello scintillio dell’estetica dei videoclip.

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Qui si ravvisa una certa evoluzione nello stile, che si presenta più composto ed equilibrato. La tavolozza è più parca, più avara; le tonalità più scure e dense. Le rare accensioni ritmiche e coloristiche riguardano i flashback della memoria (una gita domenicale in campagna con i genitori; un furtivo incontro d’amore con un ragazzo del luogo), dove Dolan adotta timbri struggenti e malinconici a evocare il tempo magico dell’infanzia e della scoperta del sesso (l’odore di un vecchio materasso ritrovato in soffitta diviene una madeleine proustiana capace di risvegliare ricordi felici e perduti). Per il resto, il regista privilegia l’uso sistematico dei primi e primissimi piani e ciò gli permette di isolare i volti e i gesti dei personaggi. Se già nella pièce di Jean-Luc Lagarce da cui la pellicola prende le mosse (e a cui resta sostanzialmente fedele) la parola appare incapace di dire le cose, di comunicare i sentimenti, e questo benché i personaggi non tacciano un solo istante, nel film sono gli sguardi, i sorrisi furtivi, i silenzi, le mute espressioni del viso a liberare le emozioni nascoste, inconfessabili, quel groviglio di recriminazioni, gelosie, rancori, rimpianti, frustrazioni, rimproveri, rimorsi, con cui si consuma l’amaro ritorno a casa del figliol prodigo.

Come già avveniva in Tom à la ferme, il carattere teatrale del plot è esibito anche qui senza infingimenti. Girato principalmente in interni, quasi si trattasse di un dramma da camera, il film associa al rigoroso rispetto dell’unità di luogo (un huis clos che mantiene un senso di claustrofobia dolorosa e opprimente) il rispetto dell’unità di tempo (la vicenda si consuma nell’arco di una giornata). La costruzione del racconto, anziché far leva sull’azione, si dipana attraverso una serie di furenti confronti verbali, dove la parola, che pur non comunica, non rivela, è enfatizzata. E tuttavia il film non ha nulla di statico, ma conserva una sua tensione dinamica. Anche qui il cinema di Dolan, seppur adottando un diverso equilibrio espressivo, resta cinema a tutti gli effetti. Non è mai semplice teatro filmato.

Nicola Rossello

Scheda film
Titolo: È solo la fine del mondo
Regia: Xavier Dolan
Cast: Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Léa Seydoux, Vincent Cassel, Marion Cotillard
Genere: Drammatico
Durata: 95 minuti
Distribuzione: Lucky Red
Uscita: 7 dicembre 2016

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