Riapre il 30 maggio 2017, dopo sei anni, la Sezione Epigrafica del MANN – Museo Nazionale Archeologico di Napoli, dotata di un nuovo allestimento, corredata da un apparato didattico cartaceo e multimediale ripensato per l’occasione e da un volume-guida edito da Electa.
La Sezione conserva una delle raccolte di iscrizioni greche, italiche e latine, tra le più prestigiose al mondo; documenti eccezionali per la storia della scrittura e della storia del passato, con particolare riferimento alla Campania e all’Italia centromeridionale.
La raccolta epigrafica del MANN conta oltre 2000 reperti. Dall’originario nucleo Farnese, dalle raccolte dei Borgia come da quelle dell’erudito casertano Francesco Daniele e di monsignor Carlo Maria Rosini, fino ai ritrovamenti effettuati in Campania e nel Mezzogiorno d’Italia dal Settecento ai giorni nostri, sono stati selezionati per il percorso museale i documenti più significativi per le diverse chiavi di lettura.
Nell’insieme: oltre trecento epigrafi, alcune particolarmente rare, altre quasi dimenticate se non addirittura date per scomparse, che spaziano dal VI secolo a. C. al IV secolo d. C. nelle diverse lingue, greco, latino, osco, umbro, nord-sabellico, che riguardano un ampio contesto meridionale, visto il ruolo centrale del Real Museo Borbonico.
Testimonianze scritte su materiali lapidei o su metalli, alle quali si aggiungono – novità assoluta di questo allestimento – le iscrizioni dipinte o graffite sui muri di Pompei, testimonianza particolarmente toccante della vita pubblica e privata dei romani, di norma difficilmente documentabili in centri diversi da quelli vesuviani: i manifesti elettorali, gli annunci di giochi di gladiatori, declamazioni poetiche cui spesso si sovrappongono rozzi o sconci disegni.
Un lavoro condotto con la curatela scientifica di Carmela Capaldi, professore dell’Università Federico II di Napoli, e di Fausto Zevi, professore emerito dell’Università La Sapienza di Roma e Accademico dei Lincei, e il coordinamento di Valeria Sampaolo, Capo Conservatore delle Collezioni del MANN.
Dalla documentazione in lingua greca con testi provenienti dalle colonie dell’Italia meridionale si passa alle iscrizioni provenienti proprio da Neapolis, dove il greco rimane lingua ufficiale fino alla caduta dell’Impero romano.
Eccezionale è poi la raccolta di iscrizioni in lingue pre-romane dell’Italia centromeridionale (in osco, vestino, volsco, sabellico) come l’iscrizione in lingua volsca da Velletri del IV secolo a.C., documento tra i più antichi della lingua umbra, o quella nord-sabellica da Bellante della metà del VI secolo a.C.
Mentre della lingua osca il MANN conserva i testi più lunghi e complessi tra quelli finora rinvenuti, come la Tabula Osca Bantina e il Cippo Abellano.
Vere icone mondiali nell’ambito dell’epigrafia sono le cosiddette Tavole di Eraclea, le Laminette orfiche di Thurii e la Meridiana delle Terme Stabiane di Pompei in lingua osca.
Lastre bronzee incise su entrambe le facce, con testi in greco e latino di età differenti, le Tavole di Eraclea (I sec. a. C.), di cui si espone un calco moderno della parte latina nella sala dedicata alla romanizzazione, (gli originali saranno nella sezione della Magna Grecia) furono rinvenute nel 1732 in Basilicata, nel luogo di probabile riunione dell’assemblea federale della Lega italiota. Il loro ritrovamento fu un vero evento e il fatto che i reali Borbonici in fuga a Palermo nel 1798 e nel 1806 abbiano voluto portare in Sicilia, insieme a sculture, dipinti e gioielli, anche queste pesanti lastre dimostra quanta importanza “politica” fosse loro attribuita, quali strumenti di legittimazione della nuova casa regnante, erede dei territori che avevano costituito la Magna Grecia.
Le laminette di Thurii, in lingua greca, sono invece sottili sfoglie d’oro provenienti da due sepolture del IV secolo a. C. appartenenti a una setta misterica di carattere popolare, non ignara dell’ortodossia orfico-pitagorica.
Ma vanno anche ricordati i frammenti (8 dei 12 rinvenuti sono infatti conservati al MANN) della cosiddetta Tavola Bembina – scoperta tra Quattro e Cinquecento e appartenuta prima ai duchi d’Urbino, poi all’umanista Pietro Bembo e quindi ai Farnese – con i testi della lex de repetundis e di una lex agraria relativa ad aree demaniali; oppure il Menologium rusticum Colotianum (I sec d. C.) uno dei due soli esempi di calendari agricoli romani che ci sono pervenuti, documento eccezionale per la rarità e lo stato di conservazione che ci fornisce preziose indicazioni sulla scansione delle attività stagionali e dei riti connessi.
Riti, costumi, trasformazioni urbane, leggi e commerci, divinità e uomini, siano essi personaggi pubblici, commercianti, notabili o atleti, mogli, sacerdotesse o prostitute: le testimonianze epigrafiche ci narrano e ci fanno scoprire i molteplici aspetti e protagonisti del mondo antico, basti pensare agli archivi di tavolette cerate rinvenute a Pompei nel 1875 e a Ercolano negli anni Trenta del Novecento e a come essi restituiscono uno spaccato unico della vita sociale ed economica della prima età imperiale (tra il 40 e il 79 d.C.) ma anche anticipino abitudini molto attuali.