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Perugia | Velázquez e Bernini: autoritratti in mostra al Nobile Collegio del Cambio

Gian Lorenzo Bernini, Autoritratto (particolare), Firenze, Galleria degli Uffizi, Corridoio Vasariano
Gian Lorenzo Bernini, Autoritratto (particolare), Firenze, Galleria degli Uffizi, Corridoio Vasariano

Il Nobile Collegio del Cambio, nel cuore di Perugia, ospita, dal 22 giugno al 22 ottobre 2017, la mostra ” Velázquez e Bernini: autoritratti in mostra al Nobile Collegio del Cambio“, a cura di Francesco Federico Mancini.

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L’esposizione intende indagare il reciproco influsso, nell’ambito della ritrattistica, anzi dell’autoritratto, tra Gian Lorenzo Bernini, qui proposto nella sua veste di pittore, e lo spagnolo Diego Velázquez.

Francesco Federico Mancini indica, a ideale punto di partenza per questa sua mostra, un’immagine fotografica: quella dello studio romano dell’insigne storico dell’arte barocca e docente all’ateneo perugino Valentino Martinelli. In questa immagine si vedono due delle tre versioni possedute da Martinelli del celeberrimo Autoritratto di Velázquez conservato nella Pinacoteca Capitolina di Roma (1629-1630). Se la prima versione, che può essere riferita al carrarese Carlo Pellegrini, allievo di Gian Lorenzo Bernini, e la seconda, attribuibile a un pittore romano della metà del Seicento, dimostrano l’attenzione riservata nel secolo XVII (e in ambiente romano) a quel superbo prototipo “straniero”, la terza, che viene realizzata nel 1876 dal veneziano Luigi Quarena, dimostra che la fortuna del modello capitolino travalicò abbondantemente il Seicento e il contesto più strettamente romano. Accanto al “trittico Martinelli” (oggi conservato nella Galleria Nazionale dell’Umbria) e al prototipo capitolino (perno dell’intero discorso), vengono proposti in mostra l’Autoritratto a mezza figura di Bernini della Galleria degli Uffizi e l’Autoritratto di Velázquez sempre degli Uffizi. Ma sono presenti anche l’Autoritratto di Bernini del Museo del Prado (che Tomaso Montanari ritiene di un anonimo seguace del Bernini – secondo Martinelli si tratta invece di un “non finito” di Gian Lorenzo) e l’Autoritratto di Bernini del Musée Fabre di Montpellier (anche questo ritenuto da Montanari di un anonimo seguace del Bernini – secondo Martinelli “forse del Bernini”) .

Principale proposito della mostra, è rilanciare il dibattito sulle relazioni e sulle reciproche influenze intercorse tra Velázquez e Bernini i quali sicuramente si incontrarono (e si frequentarono) fin dal primo soggiorno in Italia del maestro spagnolo, nel 1629-1630 (il secondo viaggio di Velázquez in Italia risale al 1650).

«A mio parere – scrive Francesco Federico Mancini – l’incontro romano e il conseguente, straordinario incrocio di esperienze di due fra i maggiori protagonisti del Seicento europeo produsse benefici di reciproca utilità. Velázquez, grazie a Bernini, comprese quale forza espressiva si celasse nel taglio a mezzo busto del ritratto, da lui già sperimentato sul versante della scultura, e quanta vitalità potesse scaturire dalla tizianesca contrapposizione tra la maniera abbozzata degli abiti e la maniera finita dei volti. Bernini apprese dal collega spagnolo il modo di scavare nell’intimo nei personaggi, di entrare nella loro complessità psicologica. In definitiva -continua Mancini –  condivido la conclusione cui giunge Montanari, che a lungo si è occupato di questi temi, quando osserva: ‘È indubbio che i ritratti di Velázquez assumono dopo Roma una vitalità, una capacità di fissare un momento preciso, una gamma cromatica e una sprezzatura che prima non conoscevano. Ma è altrettanto vero che quelli di Bernini acquistano in profondità psicologica, in rarefazione della materia e in sobrietà. La cosa certa è che lo scambio è avvenuto, ed è probabile che il saldo vada fissato in parità’».

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