Al Museo d’arte di Mendrisio (Svizzera) dal 28 ottobre al 27 gennaio 2019 è aperta al pubblico la mostra antologica “Max Beckmann (1884-1950)“.
L’esposizione, a cura di Siegfried Gohr, presenta 30 dipinti, 15 acquarelli, 80 grafiche e 3 sculture che danno modo non solo di riscoprire, finalmente, i principali capitoli dell’opera di questo maestro, ma di rivisitare il suo percorso artistico attraverso tutte le tecniche da lui utilizzate.
È una occasione anche per poter ammirare buona parte della sua eccezionale produzione grafica, elaborata principalmente tra il 1917 e il 1925 e dopo la Seconda Guerra Mondiale, decisiva sulla base di una nuova idea dello spazio nell’elaborazione del linguaggio maturo dell’artista, tra sogno e realtà.
Di recente, il curatore della mostra Gohr in un libro che è edito parallelamente alla mostra di Mendrisio, si è soffermato su alcuni elementi centrali della sua opera, quali gli specchi, gli strumenti musicali, i libri, i fiori e le piante, essenziali per mettere in evidenza la forma e il pensiero dell’artista.
Beckmann ha conferito nuova vita alle tradizionali categorie dell’arte: alle nature morte, alle scene in interni, al paesaggio, al ritratto. Soprattutto gli autoritratti costituiscono un’impressionante testimonianza biografica e storica contemporanea, mentre la parte complessa del suo lavoro è costituita da invenzioni di stampo mitologico e allegorico, che spesso si presentano come particolarmente enigmatiche.
Tra gli artisti del XX secolo, Max Beckmann è uno di quelli che più ha intensamente vissuto, sentito e sofferto il proprio tempo. La fama, l’esilio, l’ostracismo, e poi un nuovo apprezzamento nel corso degli ultimi anni della sua vita, rispecchiano il destino dell’arte moderna e dei suoi creatori nella prima metà del secolo.