“Linda Fregni Nagler. Hana to Yama” è il titolo della mostra che, fino al 7 aprile 2019, è aperta al pubblico a Milano, presso la sede di Banca Generali Private.
In esposizione più di 30 fotografie di una delle artiste italiane più interessanti e apprezzate nel panorama internazionale e legate alla sua ricerca pluriennale sulla “Scuola di Yokohama” sviluppatasi in Giappone nella seconda metà dell’Ottocento in concomitanza con l’apertura delle frontiere e la modernizzazione del paese, che attirò all’epoca molti artisti e intellettuali in quello che venne definito una sorta di nuovo “grand tour d’oriente”.
La mostra, curata da Vincenzo De Bellis, offre un nuovo scorcio su uno stile fotografico che univa la tecnica occidentale della stampa all’albumina con la tradizionale maestria dei pittori locali.
Il titolo della mostra, “Hana to Yama” (Fiori e Montagna), rispecchia i due nuclei di fotografie presentati: i venditori ambulanti di fiori e le vedute del Monte Fujiyama, ovvero i due tipici soggetti che ricorrono nella Scuola di Yokohama.
Linda Fregni Nagler ha ri-fotografato gli originali in suo possesso, li ha stampati in camera oscura su carta cotone e li ha colorati a mano, dopo un lungo processo di ricerca e messa a punto di materiali e pigmenti che oggi possono essere assimilati a quelli della Yokohama Shashin. Nel suo studio si è, di fatto, messa in atto una catena di lavoro simile a quella degli studi giapponesi.
Il percorso espositivo prende avvio dai Flower seller che ritraggono venditori ambulanti di fiori che attiravano l’attenzione dei viaggiatori occidentali con le piccole architetture portatili con le quali trasportavano i fiori, elementi della natura imprescindibili nel quotidiano giapponese. Linda Fregni Nagler ripropone queste immagini in otto fotografie di grande formato in cui i soggetti posano, consapevoli di essere guardati, nello studio del fotografo, davanti a un fondale neutro, assumendo pose fiere e ieratiche.
La mostra prosegue con le viste del Fujiyama. Si tratta di fotografie per lo più anonime, scattate dai punti privilegiati per la vista della montagna. Nelle immagini originali, questi luoghi ricorrono e creano dei cortocircuiti visivi: si assomigliano tutte ma sono sempre diverse, a volte in dettagli che non si riconoscono al primo sguardo, perché sono state scattate in tempi diversi, da fotografi diversi, con apparecchi fotografici diversi. L’artista li ha raggruppati, ri-fotografati, ristampati e colorati a mano, cercando di uniformare le atmosfere luminose e cromatiche di questi piccoli nuclei fotografici.