È toccato a Billy Joel tendere la mano alla Russia nel 1987 in un clima da Guerra Fredda. Nonostante altri artisti, come Elton John e James Taylor, si fossero già esibiti in Unione Sovietica, nessuno prima di lui l’aveva fatto con l’obiettivo di aprire una breccia culturale che potesse distendere i rapporti tra le due grandi potenze mondiali.
Il documentario “Billy Joel – The Bridge to Russia” che Rai Cultura propone lunedì 3 febbraio 2020 alle ore 23.10 su Rai5, ripercorre quei giorni attraverso immagini, interviste dell’epoca, testimonianze dei protagonisti.
Oltre a Joel, sfilano con i propri ricordi la ex moglie Christie Brinkley, i musicisti della band e gli attaché russi (KGB?) che hanno seguito ogni tappa della tournée.
«Per quanto mi ricordo, il clima politico prevalente era di guerra fredda. L’unione Sovietica era il nemico e faceva paura. Avevo paura dei russi, li vedevo come dei monoliti, delle persone bellicose, desiderose di distruggere gli Stati Uniti – ricorda il sassofonista Mark Rivera -. È come se Billy Joel avesse portato la prima tv a colori, difficile ritornare al bianco e nero dopo».
Dimostrò che la musica è un linguaggio potente e universale, più efficace nell’unire le persone di qualunque leader mondiale.