È dedicata alla fotografa austriaca, Inge Morath, la mostra ospitata presso la Loggia degli Abati di Palazzo Ducale a Genova.
L’esposizione, che resterà aerta al pubblico fino al 22 settembre 2019 , si concentra non solo sulla sua ricca produzione fotografica ma soprattutto sulla sua vita, sulla sua sensibilità, sulla sua anima.
Il lavoro di Inge Morath, prima di ogni cosa, è la testimonianza di un rapporto, di una passione, di una necessità con la fotografia.
Le oltre 170 immagini e le decine di documenti ci offrono la più ampia ed esaustiva panoramica sullo straordinario lavoro prodotto da Inge Morath, ripercorrendone l’intera carriera, ma anche regalando al visitatore, uno squarcio significativo sulla personalità così sensibile della fotografa austriaca.
Nel corso della sua vita ha viaggiato e fotografato molto in Spagna, Italia, Romania, Medioriente, America, Russia e Cina.
Negli scatti ritroviamo tutta la forza vibrante dei suoi reportage di viaggio, quello dedicato alla città di Venezia, e le immagini scattate lungo il fiume Danubio, ma anche i reportage realizzati in Spagna e in Russia, nell’Iran e in Cina, in Romania e negli Stati Uniti d’America, e anche nella sua stessa terra natia, l’Austria.
Sono immagini dove traspare la profonda umanità e sensibilità di Inge Morath, che è la cifra stilistica propria della sua arte.
La fotografa ha imparato molto da Henri Cartier-Bresson a Ernst Haas e con cui ha collaborato in importanti reportage. Il suo stile fotografico affonda le sue radici negli ideali umanistici conseguenti alla Seconda Guerra Mondiale, ma anche nella fotografia del “momento decisivo”, così come l’aveva definita Cartier-Bresson.
Le fotografie di Morath sono immagini che raccontano squarci della società che la circonda, sviscerandola quasi, ma allo stesso modo narrano molto della sua stessa anima, della sua visione umana. In esse vedi il mondo che è intorno a noi e ci leggi tanto di lei, sono come pagine di un intimo diario segreto, che è, poi, la sua stessa vita e come lei stessa scrive: “La fotografia è essenzialmente una questione personale: la ricerca di una verità interiore”.
La mostra, curata da Brigitte Blüml–Kaindl, Kurt Kaindl e Marco Minuz, è prodotta da Suazes con Fotohof di Salisburgo, e con la collaborazione di Fondazione Cassamarca, Inge Morath Foundation e Magnum Photos.